La salma del ricercatore italiano ucciso al Cairo, Giulio Regeni, è in viaggio verso l’Italia. L’aereo ha lasciato l’aeroporto della capitale d’Egitto e tra qualche ora farà scalo a Roma Fiumicino dove la salma di Regeni, accolta dalle autorità italiane, sarà sottoposta all’autopsia disposta dalla procura di Roma che indaga per omicidio volontario. L’aereo poi ripartirà per Trieste dove ad attenderlo ci saranno altri familiari e amici. Nei prossimi giorni, i funerali a Fiumicello, paese d’origine del giovane, in provincia di Udine.
Intanto, anche il ministro degli Esteri sembra non credere alla versione egiziana sul delitto di Giulio Regeni. “A quanto risulta – dice il titolare della Farnesina – dalle cose che ho sentito sia dall’ambasciata sia dagli investigatori italiani che stano cominciando a lavorare con le autorità egiziane, siamo lontani dal dire che questi arresti abbiano risolto o chiarito cosa sia successo. Credo che siamo lontani dalla verità”. Ieri è filtrato da fonti di sicurezza che erano stati arrestati due sospetti, ma che oggi alcuni giornali egiziani smentiscono.
Vi sono molti sospetti che gli autori dell’omicidio, gravitino attorno ad ambienti della polizia speciale egiziana, che avrebbe fatto dei rastrellamenti in occasione del 5° anniversario della primavera araba celebrato in piazza da molti oppositori del regime di Al Sisi. In queste retate sarebbe caduto anche il povero Regeni che si ritiene sia stato arrestato, interrogato, torturato e infine ucciso e fatto ritrovare tre giorni fa in un fossato che costeggia la strada “desertica” che da sud del Cairo conduce ad Alessandria.
Giulio Regeni “collaborava con Il Manifesto” e utilizzava uno pseudonimo “perché temeva per la sua incolumità”. Il giovane si occupava in Egitto in particolare dei sindacati del Paese. Ma la madre del giovane, Paola Deffendi, avrebbe smentito questa collaborazione. “Giulio non collaborava con Il Manifesto, avrebbe voluto ma non lo hanno considerato”. Il quotidiano ha però
IL NEW YORK TIMES: METODI TORTURA SIMILI AD ABUSI ASSOCIATI A FORZE SPECIALI EGIZIANE. “Un omicidio brutale che gela le relazioni tra Italia ed Egitto”. Così il New York Times a pagina 3 racconta la morte di Giulio Regeni, sottolineando la reazione e l’ira di Roma “profondamente scettica sul fatto che l’Egitto sia in grado o abbia la volontà di trovare gli assassini”. Il quotidiano parla quindi di “complicazioni, seppur taciute” nei rapporti tra Roma e il Cairo, anche perché – si evidenzia – le bruciature di sigarette trovate sul corpo di Regeni, così come i segni di un colpo alla testa, sarebbero “i segni distintivi degli abusi frequentemente associati alle forze di sicurezza egiziane”. Il New York Times parla quindi di “preoccupazioni crescenti per l’impunità” di cui godono le forze speciali del regime di al Sisi.