Dopo la fiducia incassata ieri sera al Senato, senza maggioranza, il premier Mario Draghi stamattina è salito al Quirinale per rassegnare definitivamente le sue dimissioni.
Dimissioni che aveva già comunicato ma il capo dello Stato Mattarella, respingendole, lo aveva invitato a tentare di avere la fiducia in parlamento. E al Senato Mercoledì è stato un massacro per il banchiere, che nel suo discorso ha posto ai partiti una sorta di “ricatto”: in sostanza “voglio pieni poteri” ovvero “o fate quello che dico io oppure vado via”.
Un buon pretesto per Lega, Forza Italia e Movimento 5 stelle – che già lo avevano criticano -, per non presentarsi in Aula a votargli la fiducia, ottenuta con appena 95 voti. Numeri insufficienti per proseguire l’azione di governo.
Stamane Draghi si è presentato alla Camera dove ha racimolato qualche applauso e poi è andato dalla presidente del Senato Casellati infine da Mattarella per formalizzare le dimissioni.
Con le dimissioni, il governo Draghi dopo circa un anno e mezzo è arrivato al capolinea. Ora il capo dello Stato dovrebbe sciogliere le camere e indire nuove elezioni, da tenersi in una finestra temporale tra settembre e ottobre. Lo farà oppure tenterà un altra strada per formare un nuovo governo tecnico e tenere in vita un Parlamento morente e ormai delegittimato?
La crisi è iniziata con la scissione di Luigi Di Maio, scaturita dal feroce scontro politico con l’ex premier Giuseppe Conte, oggi capo politico del M5s e protagonista della caduta di Draghi. Uno scontro con sullo sfondo, non solo divergenze politiche con il ministro degli Esteri, ma pure rancori personali.