Ottenuto il sì da quasi tutti i partiti, eccetto Fratelli d’Italia, il presidente incaricato Mario Draghi è in procinto di stilare la lista dei ministri e salire al Quirinale per sciogliere la riserva. Sui tempi c’è incognita.
Il professore potrebbe salire al Colle tra venerdì sera e domenica per poi apprestarsi al giuramento Lunedì ma sulla squadra non trapela nulla, al di là del teorico “toto ministri” pubblicato dai media.
E se non si hanno tempi certi sull’esecutivo, che potrebbe essere un mix tra tecnici e politici, per adesso l’unica certezza emersa dalle doppie consultazioni con i partiti è che Draghi ha incassato la ‘fiducia’ di larghissima parte dei gruppi politici; fiducia che dovrà essere confermata alle Camere entro dieci giorni dal giuramento, dove l’ex numero uno della Bce, si presenterà per illustrare ai parlamentari il programma di governo e incassare la vera fiducia da Camera e Senato.
Si prevede una maggioranza molto ampia che spazia trasversalmente (tranne la Meloni, unica a restare all’opposizione), da destra, al centro alla sinistra, compreso il M5s, i cui iscritti ieri hanno dato il via libera alla grande alleanza.
Un sostegno convinto arriva dal Pd, Italia viva di Renzi, Forza Italia, la Lega di Salvini, centristi e responsabili, Leu e altri. Draghi dovrebbe avere una maggioranza bulgara in entrambi i rami del Parlamento.
Intanto il ribelle del M5s Alessandro Di Battista ha annunciato che lascerà il movimento dopo il voto di giovedì su Rousseau in cui il 59,3% degli iscritti ha votato a favore dell’accordo con Draghi. Anche l’ex ministro Lezzi, come altri, sono in disaccordo con la nuova linea pentastellata e ora aleggia lo spettro della scissione.