7 Ottobre 2024

Mafia, riforma 416 ter. Pd: "Pronta norma interpretazione". M5S attacca: "Caporetto"

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Mafia, riforma 416 ter, M5S caporetto norma. Pd: Pronta legge intepretazionePredisporre una legge di interpretazione autentica sul 416 ter, il reato di voto di scambio politico mafioso la cui riforma tante polemiche ha suscitato nell’aprile del 2014 quando venne approvata, e che continua a provocare discussioni nelle aule dei tribunali.

Ad un anno e mezzo dalla riforma del 416 ter, approvato per la prima volta nel 1992, riformato nell’aprile del 2014 tra le polemiche e oggetto da 23 anni di una battaglia senza esclusione di colpi, oggi arriva una novità da chi fu il relatore del provvedimento, il deputato Pd Davide Mattiello, componente delle commissioni Giustizia e Antimafia.

Oggetto del contendere, tra i magistrati che devono applicare la norma, è il riferimento al metodo mafioso di cui al terzo comma del 416 bis (il reato di associazione mafiosa): l’interpretazione autentica servirebbe a chiarire che secondo il legislatore il reato è commesso quando le parti si accordano e chi riceve la promessa di voti ha coscienza di accordarsi con un mafioso.

Ma quale è oggi lo stato di applicazione della norma? La riforma ha permesso di poterla utilizzare, visto che fino al 2014 era praticamente inutilizzata perché mutilata, come dicono i difensori, o rende impossibile la repressione di questo reato se non viene dimostrato il metodo mafioso, cosa molto complicata da fare, come sostengono i detrattori? Le sentenze degli ultimi mesi, per la verità, danno ragione all’una e all’altra tesi.

In Campania, per esempio, nel marzo di quest’anno, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), accogliendo la richiesta del pm della Dda di Napoli, ha condannato a 7 anni di carcere l’esponente del clan dei Casalesi Alessandro Cirillo, ex braccio destro del capo dell’ala stragista del clan Giuseppe Setola, proprio per il reato di voto di scambio politico-mafioso così come modificato nell’aprile 2014 e commesso in occasione delle elezioni comunali di Casal di Principe. Ancora più recentemente, il 28 maggio scorso, la Corte d’Appello di Torino ha pronunciato 45 condanne al termine del troncone principale del processo Minotauro, relativo alla presenza delle cosche nel capoluogo piemontese e dintorni, con una sentenza che riconosce il voto di scambio.

Al tempo stesso, il 27 maggio scorso, il procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi ha bacchettato il legislatore che, modificando il reato di voto di scambio, chiede la prova della intimidazione mafiosa esercitata per l’ottenimento della preferenza. Proprio questo aspetto avrebbe fatto che sì che il Gip di Palermo ha inteso non poter procedere per il 416 ter nei confronti di 4 politici siciliani arrestati per compravendita di voti nelle elezioni siciliane del 2012.

Allo stesso modo, la Cassazione il 3 giugno 2014 ha annullato con rinvio alla Corte di appello di Palermo la sentenza con la quale era stato condannato per voto di scambio l’on. Antinoro, mancando, secondo i giudici, un esplicito riferimento alle modalità mafiose con le quali i voti promessi sono stati in concreto procurati. “Ma il metodo mafioso – osserva Mattiello – è l’appartenenza al sodalizio criminale. Il mafioso è tale perché appartiene al sodalizio mafioso. Se questo è il fuoco, bisognerà che gli inquirenti provino che il soggetto che accetta la promessa di voti, in cambio della promessa di soldi o di altra utilità, sia consapevole di accordarsi con chi concretamente agisce in un sodalizio mafioso”.

La proposta di una legge interpretativa non convince però il senatore M5S Mario Michele Giarrusso. “Il relatore è in difficoltà perchè è la Caporetto della norma. Va espunto dal Codice il fatto che debba essere dimostrato il “metodo mafioso” che non era previsto nella formulazione del ’92”. La legge interpretativa piace invece all’ex procuratore di Torino Gian Carlo Caselli.

Il 416 ter colpisce l’accordo politico-mafioso, ovvero il fatto che il politico promette denaro “o altre utilità” in cambio del consenso elettorale. Proprio la dicitura “o altre utilità” è stata inserita con la riforma, che prima faceva riferimento esclusivamente al denaro. Altro punto fortemente contestato sono le pene, che la riforma del 2014 ha abbassato e che in Commissione Giustizia nelle scorse settimane sono state alzate, portandole da un minimo di 6 anni ad un massimo di 12.


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