Annunciata una stretta sui rimpatri degli immigrati clandestini presenti nel nostro paese. Il ministero degli Esteri ha messo a punto un decreto interministeriale che prevederebbe “4 mesi” di tempo per espellere e rimpatriare che non ha diritto a stare in Italia. A illustrare il provvedimento il ministro Luigi Di Maio e il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. L’iniziativa è di concerto con il ministero dell’Interno. Il decreto, battezzato “rimpatri sicuri”, non specifica tuttavia tempi e modi di rimpatrio.
Sono 13 i Paesi per i quali si accorcerebbero le procedure. Si tratta di Albania, Algeria, Bosnia Erzegovina, Capoverde, Kosovo, Ghana, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Senegal, Serbia, Tunisia e Ucraina, ha annunciato il ministro degli Esteri nel corso di una conferenza stampa alla Farnesina con il ministro Bonafede, per il quale “con questo decreto, che prevede un elenco di paesi sicuri per i rimpatri, si dimezzano i tempi per l’esame delle domande di protezione internazionale nei tribunali”.
Su un totale di 7.087 arrivi in Italia al 27 settembre 2019, “oltre un terzo appartengono come nazionalità ad uno di questi Paesi”, ha proseguito Di Maio, secondo il quale “per molte di queste persone dobbiamo attendere due anni e questo ha bloccato i meccanismi di rimpatrio”. “Questa lista può essere sempre aggiornata”, ha poi specificato.
“È un decreto che non urla, ma che fa i fatti”, ha dichiarato ancora il titolare della Farnesina. Decreto che è un “primo step”, ha spiegato sottolineando che è il frutto di un lavoro di squadra al quale hanno lavorato il ministero dell’Interno, della Giustizia e la Farnesina. “Sui rimpatri siamo all’anno zero – ha ribadito Di Maio – le cifre sono stazionarie. I meccanismi di rimpatrio non sono stati implementati negli ultimi 14 mesi, anche se ci sono stati miglioramenti”.
Questo “è un primo passo importante che rende il nostro Paese meno burocratizzato per quanto riguardo le procedure” sui rimpatri, ha dichiarato il ministro degli Esteri per il quale “è facoltà dello Stato accelerarle”: l'”importante è fermare le partenze” e questo avviene “con la cooperazione, con meccanismi di rimpatrio, ma anche con una grande azione diplomatica che punta a stabilizzare la Libia”.
“Voglio dire anche per quanto riguarda il secondo decreto sicurezza che non c’è nessuna volontà di metterlo in contrapposizione ad altri provvedimenti”, ha dichiarato ancora Di Maio aggiungendo che “per quanto riguarda quelle normative (del decreto sicurezza bis, ndr) c’erano osservazioni del presidente della Repubblica che andranno recepite ma non riguardano questo genere di decreti”. “Nella prossima legge di bilancio vogliamo potenziare il fondo rimpatri” che serve a “stimolare gli accordi internazionali nell’ambito della cooperazione allo sviluppo”, ha dichiarato ancora Di Maio. Questo fondo, che attualmente può arrivare a 50 milioni di euro, “secondo noi” può crescere “ancora di più”, ha spiegato, sottolineando che “sono soldi che possiamo usare per accelerare i rimpatri” e “l’obiettivo è favorire i rimpatri veloci attraverso accordi mirati”.
“Firmo un decreto che ha ricadute sul sistema giustizia”, ha spiegato il Guardasigilli, riferendosi al testo sottoscritto insieme con i ministri Di Maio e Lamorgese. Le domande di protezione internazionale ”sono in aumento e di fatto occupano grande spazio nei Tribunali”. “Naturalmente ci sarà una valutazione caso per caso ma sarà diverso il meccanismo dell’onere della prova – ha chiarito – ossia non ci sono i presupposti per la protezione internazionale in mancanza di prova contraria . Tutto il sistema sarà più semplice e più celere”.
Intanto, il pre-accordo sui migranti raggiunto nel corso del vertice a cinque tra Malta, Italia, Francia, Germania e Finlandia, e che sarà esaminato a Lussemburgo martedì 8 ottobre durante il Consiglio europeo degli Affari interni, “è un work in progress”. A dirlo è il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, parlando con la stampa a margine del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, oggi in Prefettura a Milano.
“Quella a Lussemburgo sarà una presentazione dell’accordo – continua Lamorgese -. Noi lo presenteremo e poi ogni Stato dovrà verificarlo, non è prevista una firma il giorno dopo. E’ un work in progress. Raggiungeremo un risultato se si arriverà a un numero di Stati (aderenti, ndr) tale da garantire una gestione complessiva del fenomeno a livello europeo”.