Un errore procedurale ha causato l’annullamento del processo sull’omicidio del procuratore di Torino Bruno Caccia, ucciso 32 anni fa e per il cui delitto a dicembre 2015 era stato arrestato Rocco Schirripa, di origini calabresi, ritenuto il presunto esecutore materiale.
Il processo in corso a Milano a carico di Schirripa è “affetto da irreparabile vizio procedurale” e il pm di Milano, Marcello Tatangelo, sulla scorta di questo, ha chiesto la revoca della misura di custodia cautelare in carcere per Schirripa.
L’inutilizzabilità degli atti – spiega il legale dei figli del magistrato, Fabio Repici – deriva dalla mancata richiesta di riapertura delle indagini a suo carico che erano state archiviate nel 2001. La “ferale conseguenza” dell’errore, per il legale, è “l’assoluta inutilizzabilità di ogni atto d’indagine e processuale compiuto nei confronti dell’imputato Schirripa”. “Per questo – aggiunge – il pubblico ministero ha avanzato richiesta di scarcerazione”. “Apprendiamo la notizia con sconcerto incredibile”, scrive il legale.
Il magistrato Bruno Caccia fu ucciso la sera del 26 giugno 1983, mentre portava a spasso il suo cane sotto casa, sulla precollina di Torino. 32 anni nel chiaroscuro, in quanto si era risaliti al mandante ma non a uno dei presunti esecutori materiali.
Per l’omicidio del giudice fu arrestato, 10 anni dopo, nel 1993, quello che è stato ritenuto il mandante del delitto. Domenico Belfiore, esponente di spicco della ‘ndrangheta piemontese, poi condannato all’ergastolo e dallo scorso 15 giugno ai domiciliari per motivi di salute.
Bruno Caccia stava indagando su numerosi fatti di ‘ndrangheta tra cui alcuni sequestri di persona. Le indagini che hanno condotto alla svolta dell’omicidio di Bruno Caccia sono state riaperte anche in seguito alle richieste dei legali della famiglia del procuratore freddato nell’83.