
Secondo la Dda di Milano sarebbe stato un torinese di origini calabresi, Rocco Schirripa, di 62 anni, a dare il “colpo di grazia” al procuratore capo di Torino, Bruno Caccia ucciso la sera del 26 giugno 1983.
L’uomo, attualmente panettiere alla periferia di Torino, è stato arrestato stamani dalla Polizia di Stato. Secondo la ricostruzione della procura milanese che ha coordinato le indagini sull’omicidio del magistrato, Domenico Belfiore, ex ndranghetista già condannato all’ergastolo per il delitto, e il suo “soldato”, Rocco Schirripa, avrebbero atteso il magistrato a bordo di un’auto, appostati vicino alla sua casa.
Belfiore, esponente di spicco della ‘ndrangheta in Piemonte, avrebbe sparato a Bruno Caccia dalla vettura, ferendolo. A quel punto, secondo le accuse dei pm di Milano, Rocco Schirripa sarebbe sceso dall’auto, per finire il procuratore con un colpo di pistola alla testa.
Rocco Schirripa è stato incastrato grazie ad una lettera anonima inviata dagli inquirenti milanesi a Domenico Belfiore, In seguito alla lettera sono state intercettate le “reazioni” sul coinvolgimento di Schirripa.
Il magistrato Bruno Caccia fu ucciso la sera del 26 giugno 1983, mentre portava a spasso il suo cane sotto casa, sulla precollina di Torino. 32 anni nel chiaroscuro, in quanto si era risaliti al mandante ma non a uno dei presunti esecutori materiali.
Per l’omicidio del giudice fu arrestato, 10 anni dopo, nel 1993, quello che è stato ritenuto il mandante del delitto. Domenico Belfiore, esponente di spicco della ‘ndrangheta piemontese, poi condannato all’ergastolo e dallo scorso 15 giugno ai domiciliari per motivi di salute.
Bruno Caccia stava indagando su numerosi fatti di ‘ndrangheta tra cui alcuni sequestri di persona. Le indagini che hanno condotto alla svolta dell’omicidio di Bruno Caccia sono state riaperte anche in seguito alle richieste dei legali della famiglia del procuratore freddato nell’83.