E’ il nuovo Quasar. Si tratta di una una delle più importanti scoperte cosmiche da quando esiste il telescopio. Un gigantesco “buco nero” con una massa luminosa 12 miliardi di volte quella del Sole e nato all’alba dell’Universo, è stato scoperto da Xue-Bing Wu – professore di astronomia all’Università di Pechino – a capo di un gruppo internazionale di scienziati.
A una distanza di 12,8 miliardi di anni luce, riferisce media.inaf.it, questa “massa nera” definita dagli astronomi SDSS J0100 + 2802 è il più brillante quasar mai scoperto nell’Universo primordiale ed è alimentato da un “buco nero” di ben 12 miliardi di masse solari, ossia 420 mila miliardi di soli. Una dimensione cosmica inimmaginabile, sviluppatasi circa un miliardo di anni dopo il Big Bang.
“La formazione di un buco nero così grande e così precocemente – ha spiegato Fuyan Bian, dell’Università Nazionale Australiana e che ha partecipato al lavoro – è difficile da interpretare sulla base delle teorie attuali”.
Si tratta di una massa formatasi nelle prime fasi di formazione dell’Universo e risulta ad oggi il più “brillante” oggetto antico mai conosciuto e teoricamente, secondo le attuali conoscenze, “impossibile” da scoprire.
Il mistero da risolvere è infatti capire come possa essere cresciuto così rapidamente: “dovrebbe aver divorato – ha spiegato Adriano Fontana, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) – l’equivalente della Grande Nube di Magellano, una galassia nana compagna della Via Lattea, in appena qualche centinaio di milioni di anni!”.
“La scoperta del quasar SDSS J0100 + 2802 – scrive il notiziario di Astrofisica – segna un importante passo avanti nella comprensione di come questi oggetti celesti, le più potenti “centrali energetiche” dell’Universo, si sono evoluti nelle prime fasi di sviluppo del cosmo, solo 900 milioni di anni dopo il Big Bang.
Ovvero, in prossimità della fine di un importante evento cosmico che gli astronomi chiamano “epoca della reionizzazione”: quando cioè la radiazione prodotta dalle prime stelle ionizzò l’idrogeno neutro che permeava l’universo, rendendolo nuovamente “trasparente” alle onde elettromagnetiche”.
“Dalla scoperta del primo quasar, nel 1963, siamo oggi arrivati a individuare oltre 200.000 di queste potentissime sorgenti, molte situate a miliardi di anni luce da noi e circa quaranta a oltre 12,7 miliardi di anni luce. La radiazione di questi ultimi è stata emessa quando l’universo aveva meno di un miliardo di anni”.
La sensazionale scoperta, pubblicata nell’ultimo numero di Nature, è stata realizzata combinando i dati raccolti dal telescopio da 2,4 metri di diametro Lijiang (LJT) nello Yunnan (Cina), il Multiple Mirror Telescope da 6,5 metri (MMT), il Large Binocular Telescope (LBT) in Arizona (USA), il Magellan Telescope dell’Osservatorio di Las Campanas in Cile e, infine, il telescopio Gemini North da 8,2 metri sul Mauna Kea, Hawaii.