di Rocco Moliterni per “La Stampa” (18 ottobre 2014)
Matera capitale europea della cultura 2019 – Questa volta Cristo non si è fermato a Eboli, ma è arrivato fino a Matera. Si potrebbe riassumere con una battuta la vittoria della città dei Sassi nella «gara» per la designazione a capitale europea della cultura 2019.
Una vittoria che premia la tenacia e la caparbietà di chi si è impegnato in una sorta di mission impossibile , se si pensa che tra le altre candidate c’ erano località conosciute a livello internazionale come Siena o Perugia (dove la delusione è stata cocente).
«Il merito va a un’ intera comunità che ha creduto in questo sogno» dice il direttore del Comitato Matera 2019, Paolo Verri, felice e senza voce nel corso di una festa che ha visto la città letteralmente impazzita.
Una vittoria che premia un altro Sud, non quello che fa parlare di sé per la criminalità organizzata e per l’ assistenzialismo ma quello che negli ultimi decenni si è silenziosamente rimboccato le maniche e ha saputo riqualificarsi, non perdendo la propria identità culturale e antropologica, puntando sul connubio tra gli antichi saperi manuali e le nuove tecnologie, tra cultura umanistica e sapere scientifico (a Matera, tra l’ altro, c’ è un centro di geodesia spaziale di livello internazionale).
Quali sono le tappe che hanno portato un luogo definito negli Anni 50 del secolo scorso «vergogna nazionale» per le sue misere condizioni di vita a diventare un fiore all’ occhiello del nostro Paese? Innanzitutto contrariamente a quanto si pensi non è che Matera e la Basilicata siano sempre stati una terra di degrado e povertà.
La civiltà di questa regione ha radici millenarie e basta una visita al museo Ridola di Matera per essere colpiti dalla bellezza dei vasi e dei manufatti che qui si producevano. Certo dopo l’ Unità d’ Italia, il brigantaggio, la grande emigrazione (sono più i lucani che vivono in giro per il mondo dei residenti ) le condizioni di vita dei contadini erano quelle descritte da Carlo Levi nel suo celebre pamphlet.
Eppure la prima svolta si ha proprio con lo svuotamento dei Sassi, nel 1953. Nasce infatti un grande dibattito cui prendono p arte intellettuali di tutta Italia sulle sorti e l’ urbanistica della nuova città. Olivetti e la sua Comunità (un termine che in Lucania ha valore più che altrove) fanno progetti e sperimentazione, ad esempio al borgo la Martella, firmato da Quaroni.
[flagallery gid=12]Poi, nel 1964, sarà Pasolini con il suo film Vangelo secondo Matteo girato tra i Sassi a richiamare l’ attenzione su un paesaggio unico al mondo (a ripercorrere l’ epopea di quel periodo è l’ emozionante mostra, curata dalla sovrintendente Marta Ragozzino a Palazzo Lanfranchi).
Un paesaggio che paradossalmente proprio il vivere ai margini dello sviluppo industriale degli anni del Boom, preserva dagli scempi di altre regioni. Tanto che un gruppo di materani, guidati dall’architetto Pietro Laureano (siamo già negli Anni 80), pensa di farlo diventare patrimonio universale dell’ Unesco.
E già in quell’ occasione la città si fa le ossa nel lavorare in squadra per raggiungere un obiettivo a prima vista impossibile. Ci saranno anche le leggi di riqualificazione dei Sassi a dare una mano e associazioni culturali come la Scaletta che si inventano le grandi mostre di scultura nelle chiese rupestri e fanno nascere il Musma, il museo della scultura contemporanea.
Un nuovo film, questa volta The Passion di Mel Gibson, farà conoscere i Sassi nella più sperduta provincia americana o giapponese. «E oggi – dice Marta Ragozzino – Matera può diventare un modello culturale per l’ Europa in crisi, un modello che non punta sui numeri, i visitatori e i grandi eventi, ma sulla partecipazione e il coinvolgimento di tutti nel progettare il proprio futuro».
Altri importanti contributi li offre Paride Leporace, Giornalista e Direttore della Lucana Film Commission