“Coloro che vogliono contrastare la creazione di uno Stato palestinese dovrebbero sostenere il rafforzamento di Hamas e il trasferimento di denaro a Hamas”. Lo aveva dichiarato Benjamin Netanyahu in una riunione del partito Likud nel marzo 2019. “Questo fa parte della nostra strategia, per differenziare tra Palestinesi a Gaza e palestinesi in Giudea e Samaria”, disse il capo del governo israeliano citato in un articolo del Jerusalem Post del 12 marzo 2019.
A riprova che il gruppo di milizie arabo-palestinesi è stato foraggiato per anni dal governo di Tel Aviv in funzione anti-Olp ed espressamente per impedire la creazione di uno Stato palestinese, cioè il contrario di ciò che recitavano le risoluzioni delle Nazioni Unite contro Israele. Se fossero state adottate le risoluzioni dell’Onu probabilmente si sarebbe trovato un equilibrio, stabilità e soprattutto pace.
Il primo ministro affermò che “chiunque sia contro uno Stato palestinese dovrebbe essere favorevole al trasferimento dei fondi a Gaza (quindi Hamas) perché mantenere una separazione tra l’Autorità Palestinese in Cisgiordania e Hamas a Gaza aiuta a prevenire la creazione di uno Stato palestinese”.
Netanyahu – prosegue l’articolo del JP – parlò anche del suo discorso a Bar-Ilan, in cui espresse sostegno per uno Stato palestinese smilitarizzato dieci anni fa. All’epoca, ha detto Netanyahu, riferì all’allora vicepresidente americano Joe Biden le sue condizioni per uno Stato palestinese: che fosse smilitarizzato, che Gerusalemme rimanesse unita e che Israele avesse il pieno controllo della sicurezza, inclusa la libertà di azione per l’IDF e lo Shin. Bet (Israel Security Agency) per prevenire il terrorismo contro Israele. Netanyahu ha raccontato che Biden ha risposto che non sarebbe realmente uno Stato palestinese, ma che può chiamarlo come vuole”.
Docente di diritto internazionale: “Successo di Hamas è strettamente legato ai colossali fallimenti del governo”
“Gli israeliani si stanno rendendo conto che il successo di Hamas è strettamente legato ai colossali fallimenti del governo. E questo ovviamente ha sollevato la questione chiave: se Netanyahu e il suo governo messianico riusciranno a sopravvivere alle conseguenze del brutale attacco”, spiega un editoriale apparso su Al Jazeera firmato da Neve Gordon, docente di Diritto internazionale a Londra.
“Le accuse cominciano ad aumentare, anche se potrebbero volerci mesi se non anni prima di comprendere appieno cosa sia successo. La strategia di Netanyahu è sempre stata quella di lasciare ad Hamas un margine di manovra per indebolire l’Autorità Palestinese a Ramallah e la società palestinese più in generale”.
In seguito all’attacco di Hamas, questo quadro strategico “è stato sempre più oggetto di un fuoco intenso. Si parla molto anche di un “fallimento dell’intelligence”, in cui Hamas ha superato in astuzia la famosa Unità 8200 israeliana, i servizi segreti generali – noti anche come Shabak – e diverse altre agenzie responsabili della sorveglianza”.
“Sembra che queste unità di intelligence abbiano operato secondo un paradigma coloniale sbagliato, che considera Hamas debole e privo di acume strategico, portandoli a ignorare segnali di allarme abbastanza evidenti, come le manovre militari che Hamas aveva effettuato sulla spiaggia di Gaza in passato. pochi mesi. Forse la frase migliore per descrivere questo fallimento è arroganza coloniale”.
“Poi c’è il “fallimento di preparazione”. Anche questo è il risultato dell’arroganza coloniale. Più concretamente, è ora emerso che l’esercito ha spostato battaglioni lontano dal confine con Gaza per proteggere i coloni ebrei in Cisgiordania”.