BOLOGNA – La ‘Ndrangheta tentò un patto con la politica a Reggio Emilia. L’ipotesi della Dda di Bologna che ha individuato nel consigliere comunale di Fi Giuseppe Pagliani, coinvolto nell’inchiesta “Aemilia”, un referente dei calabresi, trova riscontri nelle parole di Giuseppe Giglio, imprenditore imputato e collaboratore di giustizia da poco più di un mese.
Giuseppe Giglio, ritenuto uno degli organizzatori dell’associazione ‘ndranghetistica emiliana, in uno dei primi colloqui da pentito racconta delle riunioni del 2012, di cui fu informato da Alfonso Diletto, per i Pm uno dei capi. Diletto gli disse: “Guarda – ricosruisce Giglio, in un verbale a disposizione delle parti che l’Ansa ha potuto visionare – non è solo per l’interdittiva che ci hanno dato, ma abbiamo la possibilità perché abbiamo fatto un patto con il politico Pagliani che ci darà del lavoro. In cambio noi gli dobbiamo trovare dei voti” e finanziamenti. “Questo – spiega Giuseppe Giglio – era tutto, l’accordo e il patto politico, diciamo, che c’è stato”.
Il processo Aemilia è cominciato stamattina a Reggio Emilia. Sul banco degli imputati 147 persone. Il blitz che decapitò le ‘ndrine al nord Italia scattò il 28 gennaio 2015. A coordinare l’inchiesta, denominata “Aemilia”, è stata la procura distrettuale antimafia di Bologna, che ha ottenuto dal gip un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 117 persone (più altri 46 arresti dalle procure di Catanzaro e Brescia, per un totale di oltre 163 provvedimenti) ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, usura, porto e detenzione illegali di armi, intestazione fittizia di beni, reimpiego di capitali di illecita provenienza, emissione di fatture per operazioni inesistenti ed altro.