3 Ottobre 2024

Ucraina due anni dopo. La verità del campo: i soldati ucraini non vogliono più combattere

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di Alessandro Orsini

Essendo l’informazione in Italia sulla guerra in Ucraina corrotta, devo parlar chiaro: i soldati ucraini stanno pregando l’Occidente di porre fine alla guerra perché non ne possono più di andare incontro a morte certa. I giovani ucraini, con pochissime eccezioni, non vogliono più combattere. Si ammutinano o scappano all’estero. Alcuni si procurano delle fratture pur di non andare al fronte. Mi è agevole dimostrarlo, ma devo procedere con ordine.

In primo luogo, il lettore deve sapere che tre fatti gravissimi sono accaduti in pochi giorni. Il primo è la caduta di Avdiivka, la battaglia più importante della guerra. Alcune informazioni su Avdiivka sono necessarie per capire lo scarto tra la visione ideologica della guerra nei salotti italiani e la realtà sul campo. Zelensky voleva che i soldati facessero ad Avdiivka la stessa fine di Bakhmut: morire inutilmente pur di rimandare il più possibile la caduta certa della città. Syrskyi, nuovo comandante dell’esercito, era d’accordo. Non a caso, molti soldati lo chiamano il “macellaio”. Non perché massacri i russi, ma perché manda al massacro i suoi soldati. Colti dalla disperazione, molti ucraini ad Avdiivka hanno iniziato a scappare per i campi perché il rapporto tra i colpi di artiglieria ucraina e russa era di uno a dieci, come Oleksandr Tarnavskyi, comandante del fronte sud ucraino, ha rivelato al New York Times. All’inizio della guerra, avevo detto: “Per ogni proiettile della Nato che l’Ucraina lancerà contro la Russia, la Russia lancerà dieci proiettili contro l’Ucraina”. Così è stato. Alla notizia della fuga incipiente, Syrskyi si è precipitato a dichiarare la ritirata. In realtà, Syrskyi non ha ordinato la ritirata, ha soltanto preso atto che gli ucraini stavano abbandonando la città. Il secondo fatto gravissimo, anch’esso taciuto in Italia, è che, pochi giorni dopo Avdiivka, è caduta pure Krynky, la testa di ponte creata da Kiev nella parte est di Kherson, dove sono caduti molti dei soldati migliori di Zelensky giacché l’operazione era molto ardimentosa. La caduta di Krynky significa che Zelensky non ha più nemmeno una possibilità su un miliardo di riconquistare la regione di Kherson. Quella possibilità non è mai esistita, ma Krynky consentiva alla Nato di raccontare la favola che gli ucraini, partendo da quel pezzo di terra, avrebbero sbaragliato l’esercito russo.

Il terzo fatto gravissimo è che i russi sono entrati a Robotyne, riconquistata per metà. Robotyne è il villaggio di Zaporizhzhia espugnato dagli ucraini dopo due mesi di controffensiva. L’offensiva è iniziata il 5 giugno; Robotyne è stata presa il 27 agosto. Il costo di questa conquista infinitesimale è una pila di cadaveri ucraini arrivata fino in cielo. La situazione è semplice: gli ucraini al fronte sono disperati e non vogliono più combattere. I soldati che lottano come martiri esistono, ma sono una minoranza. La gran parte dell’esercito sono persone arruolate all’impazzata, prive di quel senso eroico della divisa dei corpi scelti, cui va tutto il mio rispetto. È umano. Ciò che non è umano sono le dichiarazioni del Corriere della Sera, Radio Rai, Radio 24 e dei vari Calenda, che urlano: “Forza, ucraini, combattete fino alla morte!”. Il problema è che gli ucraini non vogliono più combattere perché hanno capito che la guerra è persa e che la loro situazione peggiorerà con il tempo. Non hanno mai vinto una sola battaglia frontale. Non c’è mai stata una Bakhmut in favore degli ucraini. Purtroppo, l’Ucraina è un Paese finito; gli ucraini sono spacciati. Questa è la morte di una nazione. Non serve l’osservazione scientifica per capirlo. Serve soltanto un po’ di umanità.


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