12 Dicembre 2024

Visco (Bankitalia): "Economia italiana ancora in recessione. Il Paese deve trovare motivazioni e incentivi per affrontare con decisione il problema della crescita"

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vincenzo visco bankitaliaIl Pil dell’Italia sarebbe sceso di poco più del 2 per cento nella media dello scorso anno, sostanzialmente in linea con quanto previsto a luglio. Per il 2013, la stima è stata rivista al ribasso (da -0,2 a -1,0 per cento) per effetto del peggioramento del contesto internazionale e del protrarsi della debolezza dell’attività nei mesi più recenti. E’ quanto emerge dal quadro macroeconomico tratteggiato nel Bollettino di Bankitalia, diffuso oggi. Dopo una riduzione in media dell’ 1% quest’anno, il Pil tornerebbe a espandersi dello 0,7% nel 2014. Nonostante questo, il tasso di disoccupazione, riflettendo anche l’incremento delle persone in cerca di lavoro, dovrebbe toccare il 12 per cento nel 2014. “Nella seconda metà del 2012 la dinamica dell’economia globale è rimasta debole” e le stime di crescita del commercio internazionale per il 2013 “sono state riviste al ribasso”. Tuttavia, per gli analisti “l’espansione del prodotto mondiale dovrebbe rafforzarsi nel 2014”. L’economia italiana è ancora in recessione, dice il governatore di Bankitatalia Vincenzo Visco, ma il Paese potrebbe uscirne nella seconda parte del 2013. “La recessione potrebbe avere fine nella seconda parte del 2013” spiega. “Al di là della congiuntura sfavorevole, il nostro Paese deve saper trovare le motivazioni e gli incentivi per affrontare con decisione il problema della crescita”. ”L’uscita dalla crisi nell’area dell’euro – avverte – non potrà derivare da azioni isolate di singole autorità di politica economica”. La spesa delle famiglie, rileva Bankitalia, ha segnato un nuovo calo, il sesto consecutivo, nel terzo trimestre del 2012 (-1%), esteso a tutte le componenti e particolarmente accentuato nel comparto dei beni durevoli (-2%). Le decisioni di consumo hanno riflesso la protratta debolezza del potere d’acquisto; nella media dei primi tre trimestri del 2012 il reddito disponibile reale delle famiglie si è ridotto del 4,3% rispetto a un anno prima. Nello stesso periodo la propensione al risparmio è scesa all’8,6%. I consumi sono rimasti deboli nei mesi finali del 2012; le vendite al dettaglio e le immatricolazioni di autoveicoli hanno continuato a ridursi in autunno. L’indice del clima di fiducia dei consumatori si è stabilizzato su livelli storicamente bassi; sui giudizi delle famiglie pesa il pessimismo sull’evoluzione del quadro economico generale e personale e il deterioramento delle attese sull’andamento del mercato del lavoro. Dovrebbe esserci un ritorno alla crescita nella seconda metà dell’anno sia pure su ritmi modesti e con ampi margini di incertezza. La svolta ciclica sarebbe resa possibile dalla graduale ripresa degli investimenti, a seguito della normalizzazione delle condizioni di finanziamento e del recupero della domanda nell’area dell’euro, nonché del parziale miglioramento del clima di fiducia. In tale quadro la dinamica del prodotto resterebbe comunque negativa nella media del 2013 e tornerebbe lievemente positiva nel 2014. Ma i rischi sono ancora elevati, avvertono da Via Nazionale. I maggiori fattori di rischio al ribasso, si spiega nel Bollettino, sono legati all’andamento della domanda interna e alle condizioni del credito: il ritorno a tassi positivi di accumulazione potrebbe essere ritardato da un’evoluzione meno favorevole delle aspettative delle imprese; gli effetti sull’attività delle banche del deterioramento dei bilanci bancari e dell’accresciuta rischiosità della clientela potrebbero essere più persistenti. Evoluzione più positiva potrebbe, invece, derivare da un ulteriore rafforzamento delle prospettive per l’area dell’euro. Le condizioni del credito in Italia restano ancora tese. Il peggioramento è riconducibile ai più elevati rischi percepiti riguardo alle prospettive dell’attività economica in generale e di particolari settori o imprese. Si è, invece, ulteriormente attenuato il contributo restrittivo dei fattori legati alle condizioni di bilancio e alla capacità di raccolta delle banche. L’irrigidimento dei criteri di offerta di credito si è riflesso prevalentemente in condizioni di prezzo meno favorevoli per i prestiti più rischiosi e in un accorciamento della durata dei finanziamenti.


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