(02:35) Come largamente previsto, il centrosinistra vince la “non sfida” in Calabria e in Emilia Romagna. Lo spoglio è ancora in corso ma l’esito è abbastanza scontato, nonostante gli enormi ritardi con cui arrivano i dati dal Viminale, almeno in Calabria. L’ex presidente della provincia di Cosenza, Mario Oliverio si impone, al momento, con una percentuale che supera il 60% e si appresta a diventare il nuovo governatore della Calabria, mentre in Emilia Romagna il candidato dem Stefano Bonaccini riconferma il centrosinistra alla regione , dopo l’esperienza di Vasco Errani,
Oliverio quasi triplica sulla coalizione di centrodestra (monca di Udc e Ncd) guidata da una generosa Wanda Ferro, donna a capo di sole tre liste (FI, FdI e Cdl). Il Nuovo centrodestra rappresentato dall’avvocato Nico D’Ascola si sta battendo per raggiungere l’agognata soglia dell’8 percento e solo tra poche ore sapremo se avrà voce a palazzo Campanella. Per Ncd sono sufficienti circa 60mila su 850.000 voti validi circa, visto il calo affluenza). Dai primi risultati sembra essere definitivamente scomparso l’Udc di Casini e Cesa che viaggia, all’interno di “Alternativa popolare”, appena sotto il 2.5 percento in entrambi le regioni.
In Calabria grande flop del Movimento 5 Stelle che con il candidato Cono Nuccio Cantelmi non raggiunge il quorum e perde rispetto alle elezioni europee oltre 16 punti percentuali. Grillo va meglio in Emilia con Giulia Gibertoni che si sta difendendo con oltre il 13%. Il candidato calabro Domenico Gattuso per “L’Altra Calabria” ex lista Tspras è poco sotto il 2%.
Ma protagonista indiscusso di questa tornata elettorale è stato l’astensionismo che ha raggiunto cifre impressionanti. Oltre il 60% degli aventi diritto ha disertato i seggi.
In Calabria si sono recati alle urne il 44.07% degli elettori, mentre in Emilia Romagna – altra regione chiamata al voto dopo lo “scioglimento” Severino – va molto peggio: solo il 37.67 percento ha espresso l’esercizio del voto. Un dato che serve a far riflettere vincitori e vinti sui perché di questa clamorosa e mai registrata disaffezione alla politica, sebbene la presenza di Grillo che negli ultimi due anni ha ben incarnato l’antipolitica divenendo la seconda forza del Paese.
Che non ci fosse partita tra i due maggiori schieramenti di destra e sinistra in Calabria era prevedibile sin dalla vigilia della presentazione delle liste. Le divisioni nel centrodestra hanno determinato la vittoria a tavolino del centrosinistra. L‘harakiri calabrese, per sua stessa ammissione, lo ha deciso di suo pugno Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia, che ha scelto il suicidio politico alla competizione elettorale.
Metodo seguito anche in Emilia dove, ponendo il veto sui vecchi alleati del Ncd, alla fine ha sostenuto Alan Fabbri, candidato leghista uscito sconfitto dalla sfida con Bonaccini. La novità, abbastanza clamorosa è che la Lega si accinge al sorpasso di Forza Italia.
Chi e cosa abbiano spinto il Cavaliere in questa direzione, lo sa solo lui e, forse, chi gli è fedelmente accanto. Non sono in pochi a chiedersi se questa decisione di regalare le amministrative a Renzi faccia anche parte del patto del Nazareno…
Sta nei fatti che la débacle annunciata – a parte l’affluenza che sarebbe stata comunque poco incisiva anche col 100 percento degli aventi diritto al voto – pone oggi Berlusconi in isolamento oltre che in una posizione di maggiore ricattabilità da parte dell’ “alleato in patti” (Renzi) che non ha perso tempo a cinguettare su twitter: «Affluenza male ma il risultato è 2-0 per noi». Come dire: “Abbiamo vinto nonostante l’assenza di spettatori e soprattutto senza la squadra avversaria, ma l’importante è il risultato”. Cui prodest il famigerato patto del Nazareno?