Campania, il caso De Luca spiegato dal Costituzionalista Pertici

Carlomagno
Stefano Caldoro e Vncenzo De Luca
Stefano Caldoro e Vncenzo De Luca

Andrea Pertici* per il Blog di Pippo Civati

Le elezioni primarie per la candidatura a presidente della Regione Campania per il Pd e i suoi alleati sono state vinte da Vincenzo De Luca, che, da sindaco di Salerno, era stato condannato in primo grado a un anno di reclusione e a un anno di interdizione dai pubblici uffici, con pena sospesa, per abuso di ufficio nell’ambito della procedura per la realizzazione di un termovalorizzatore, come ampiamente documentato dagli organi di informazione.

A seguito della condanna (di primo grado, e quindi non definitiva), ai sensi dell’art. 11 del d.lgs. 235 del 2012, il sindaco di Salerno era stato sospeso dalla carica. Infatti, secondo la normativa prevista dalla “Severino”, mentre una sentenza non definitiva dà luogo a una conseguenza (che non è una sanzione) come l’incandidabilità, la condanna in via non definitiva determina la sospensione.

E ciò in virtù del principio di presunzione di non colpevolezza previsto dalla Costituzione, secondo quanto ribadito anche dalla Corte costituzionale in relazione alle cause di incandidabilità previste sin dalla legge n. 55 del 1990 (sentenza n. 141 del 1996). In ogni caso, il provvedimento prefettizio di sospensione era stato immediatamente impugnato dall’interessato al TAR Campania, che, in viacautelare, ha reintegrato il sindaco nella sua carica (come già era avvenuto per il sindaco di Napoli De Magistris), investendo la Corte costituzionale della questione di costituzionalità della norma.

Andrea Pertici
L’esperto di Diritto Andrea Pertici (Twitter)

La decisione finale, in questo giudizio – come di quello di de Magistris (anch’egli sospeso dalla carica di sindaco di Napoli e reintegrato in via cautelare) – dipende soprattutto da ciò che stabilirà la Corte costituzionale.
È da precisare che, nel frattempo, il 3 febbraio, la Corte d’Appello di Salerno ha fatto in ogni caso decadere De Luca da sindaco per incompatibilità tra questa carica e quella di viceministro delle Infrastrutture ricoperta durante il governo Letta. Ma De Luca è rimasto in pista: vinte le primarie, sarà candidato alla presidenza della Regione Campania contro Stefano Caldoro (esattamente come cinque anni fa).

De Luca si potrà candidare perché la legge – come abbiamo cercato di spiegare poco sopra – non prevede la incandidabilità di coloro che sono stati condannati in via non definitiva (si veda l’articolo 7 del decreto legislativo 235). Per questi, se sono in carica, è prevista, però, la sospensione dalla stessa, in attesa della pronuncia definitiva.

La conseguenza è che De Luca parteciperà alle elezioni, ma, una volta eletto (non solo alla presidenza, ma anche come semplice consigliere, ove fosse Caldoro a prevalere come cinque anni fa), in forza dell’art. 8 del decreto legislativo 235 del 2012, dovrà essere sospeso dalla carica. Potrà fare ancora una volta ricorso al TAR – come del resto ha già annunciato– che magari adotterà ancora una decisione di reintegra, rimettendo alla Corte costituzionale – presumibilmente – questione di legittimità costituzionale anche delle norme sulla sospensione dei rappresentanti regionali (dopo avere rimesso quella degli amministratori locali).

A meno che non intervenga nel frattempo la decisione della questione sollevata nel caso De Magistris o in quello dello stesso De Luca come sindaco, che potrebbe risolvere (direttamente o indirettamente, ci limitiamo a dire per non entrare troppo nel tecnico) anche la questione per le cariche regionali.
La questione è aperta alla soluzione della giurisprudenza. Ma qualcuno invoca una soluzione legislativa, sempre poco opportuna quando rischia anche solo di dare l’impressione di essere stata adottata per risolvere un caso specifico. È il caso – assai noto nell’Italia degli ultimi anni – delle leggi ad personam. Che spereremmo di non vedere più.

* Avvocato e Ordinario di Diritto Costituzionale all’Università di Pisa