Riccardo Bossi, il primogenito del fondatore della Lega Nord, Umberto, è stato condannato ieri a un anno e otto mesi per appropriazione indebita aggravata per le presunte spese personali con i fondi del Carroccio. Lo ha deciso l’Ottava sezione penale del tribunale di Milano. E’ la prima sentenza dopo lo scoppio dello scandalo sui fondi del partito emerso nel 2012.
Il giudice Vincenzina Greco nel processo con rito abbreviato condannando Riccardo Bossi a un anno e 8 mesi, con la sospensione condizionale della pena e il riconoscimento delle attenuanti generiche, è andato oltre la richiesta di 1 anno del pm Paolo Filippini. Il figlio di Umberto Bossi era imputato per spese con i fondi della Lega per circa 158mila euro. Soldi pubblici che avrebbe usato, tra il 2009 e il 2011, per pagare “debiti personali”, “noleggi auto”, le rate dell’università dell’ Insubria, l’affitto di casa, il “mantenimento dell’ex moglie”, l’abbonamento alla pay-tv, “luce e gas” e anche il “veterinario per il cane”.
Il pm, nella sua requisitoria, aveva citato come riscontri all’ipotesi d’accusa intercettazioni e documenti, tra cui l’ormai famosa cartelletta con la scritta ‘The Family’ sequestrata nell’ ufficio romano dell’ex tesoriere del Carroccio Francesco Belsito, che è anche lui imputato per appropriazione indebita per le presunte spese ma con rito ordinario (il processo è ancora in corso) e assieme al padre e al fratello di Riccardo, cioè Umberto e Renzo ‘Il Trota’. Se questa tranche sulle presunte appropriazioni indebite è rimasta a Milano, la parte principale dell’inchiesta che nel 2012 ha travolto il ‘Senatur’ e la sua famiglia è stata trasferita nei mesi scorsi a Genova dove è in corso il processo per la presunta truffa ai danni dello Stato sui rimborsi elettorali che vede imputati Umberto Bossi, Belsito e tre ex revisori del partito.
“E’ una condanna palesemente mediatica e politica”. Così Agostino Maiello, legale di Riccardo Bossi, ha commentato la sentenza di oggi a carico del figlio del fondatore della Lega, che è stato condannato a un anno e 8 mesi per le presunte spese personali con i fondi del partito. Il legale, poi, ha ribadito ai cronisti quanto aveva spiegato già nel corso dell’arringa. Per la difesa, infatti, Riccardo Bossi “non ha mai chiesto soldi perché è sempre stato autosufficiente – ha chiarito -. Solo per un anno e mezzo, quando gli ‘saltarono’ alcuni contratti di sponsorizzazione nel campo dei rally automobilistici, chiese al padre aiuto, pensando che quelli fossero i soldi di famiglia”. E ha sottolineato che il suo assistito non ha “mai avuto un rapporto diretto con Belsito. Dato che anche per lui era difficile parlare con il padre, sempre impegnato con la politica, si rivolgeva alla sua segretaria, la signora Loredana, o lasciava i documenti per la richiesta di quanto gli serviva in segreteria in via Bellerio. Ma – ha ripetuto l’avvocato – pensava fosse denaro del padre”. (Ansa)