Giulio Regeni, il ragazzo friulano di 28 anni brutalmente torturato al Cairo, potrebbe essere stato ucciso da ambienti vicini alla Sicurezza nazionale egiziana nel corso delle manifestazioni per il quinto anniversario della Primavera araba in cui migliaia di persone hanno sfilato per la capitale dove si sono registrati scontri e rastrellamenti di attivisti. Una verità difficile da accertare, ma verosimilmente ipotizzabile poiché dal Cairo non filtra assolutamente nulla se non reticenza e qualche bugia di troppo.
Stando nel campo delle ipotesi, la possibile ricostruzione è che il giovane fatto “ufficialmente” ritrovare ieri, sia stato ucciso già la sera del 25 gennaio scorso per poi “blindarlo” in una cella frigorifera è, dopo le pressioni delle autorità italiane, riportarlo sullo stradone “desertico”, gettarlo e “ritrovarlo” quasi per caso. Diavolerie da servizi segreti, per farlo forse apparire un omicidio di strada commesso da un presunto gruppo di sbandati.
Ill generale Khaled Shalabi, direttore dell’amministrazione delle indagini di Giza, ha parlato di “un incidente stradale”, dichiarando in modo poco convincente che “non c’è alcun sospetto crimine dietro la morte” del ricercatore. Ma intanto, la Polizia ha circondato l’obitorio di Zeinhom nel centro del Cairo con una sicurezza imponente che non ha permesso l’avvicinamento di “curiosi”. Nessuno finora ha visto il corpo in obitorio. Perché? Un elemento che alimenta molti sospetti anche all’indomani della dichiarazione del generale che insiste sull'”incidente”.
Il cadavere di Giulio Regeni – era stato riferito mercoledì ad alcuni media egiziani da chi l’ha visto sulla strada del sobborgo a Sud Ovest del Cairo – mostrava “segni di tortura, un orecchio mozzato e diffusi tagli e bruciature sul corpo”, quasi per provocargli una “morte lenta” e dolorosa.
E’ molto probabile che Giulio Regeni, appassionato di cultura e storia araba, si trovasse alla manifestazione di piazza per studiare e seguire da vicino gli umori di manifestanti e dissidenti del regime del generale Al-Sisi. Regime che più volte ha perseguito i ribelli dopo il rovesciamento di Morsi, subentrato al deposto Mubarak nel 2011. La Sicurezza nazionale, forse scambiando Regeni per un attivista anti Al-Sisi, lo avrebbe arrestato, torturato e ucciso, come del resto si ritiene abbia fatto con centinaia di altri oppositori. Ipotesi che spiegherebbe l’imbarazzo delle autorità egiziane che ora non sanno come spiegarlo all’Italia.