19 Marzo 2024

Mazzette ai magistrati: ecco come funzionava il “sistema Nardi Savasta”

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tribunale trani Si estende l’inchiesta sul sistema di corruzione giudiziaria messo in piedi dai magistrati Nardi e Savasta arrestati lunedì mattina per decisione della Procura di Lecce. Anche altri imprenditori, oltre a Flavio D’Introno e Luigi D’Agostino, avrebbero oliato il “sistema” che vigeva negli uffici giudiziari di Trani.

E nel palazzo di giustizia di Trani che l’ex giudice per le indagini preliminari Michele Nardi e l’ex pubblico ministero Antonio Savasta, entrambi incredibilmente trasferiti dal Consiglio Superiore della Magistratura in servizio presso il Tribunale e la Procura di Roma, avevano impianto il loro “sistema” di corruzione.

Nell’ordinanza del gip leccese Giovanni Gallo che lunedì ha fatto finire in carcere Nardi, Savasta e il poliziotto Vincenzo Di Chiaro è venuto alla luce la struttura di un sistema di corruzione che imperversava da tempo, grazie ad omissioni, se non proprie e vere collusioni, presenti all’interno degli uffici giudiziari di Trani.

L’ ordinanza del Gip è pieno di “omissis”, cioè di evidenze coperte dalla Procura di Lecce per tutelare lo sviluppo di ulteriori filoni d’indagine, e non poche novità potrebbero arrivare per i magistrati inquirenti della procura di Lecce, dagli interrogatori dei principali indagati, che cominceranno domani a Lecce.

Oltre ai tre soggetti colpiti dalle misure cautelari verranno interrogati anche gli avvocati Simona Cuomo del Foro di Bari, “enfant prodige” dello Studio legale Sisto, e di Ruggiero Sfregola colpiti da un provvedimento giudiziario di interdizione dall’esercizio della professione per un anno, e l’imprenditore Luigi D’Agostino il quale è stato colpito dal divieto di esercizio dell’attività imprenditoriale e degli uffici direttivi delle imprese per un anno.

Le persone indagate nell’inchiesta coordinata dal procuratore Leonardo Leone de Castris e dalla pm Roberta Licci e condotta dai Carabinieri, in totale sono 18. Il sistema Nardi viene così definito dal Gip di Lecce: “È un soggetto sempre alla ricerca di imprenditori facoltosi in difficoltà, ai quali dispensare i propri consigli giuridici, che rapidamente si trasformano nell’offerta di scorciatoie giudiziarie, ovviamente dietro lauti compensi“.

Un sistema di corruzione che viene illustrato con chiarezza dall’imprenditore D’Introno, con il forte sospetto degli inquirenti che sia stato applicato nella stessa misura anche con altri imprenditori. La prima azione Nardi fu l’impegno a condizionare i giudici del processo per usura a carico di D’Introno, ad aggiustarlo dopo la condanna, ma chiaramente in cambio di cospicue “mazzette” o regali importanti, fino ad arrivare alla pesante richiesta di 2 milioni di euro.

Il giudice Gallo scrive nella sua ordinanza che il magistrato Nardi voleva “spremere D’Introno”, reputandolo una “gallina dalle uova d’oro”. “È venuto come un avvoltoio — diceva D’Introno a Savasta durante un incontro registrandolo o di nascosto — diceva di conoscere tutti e io che dovevo fare. Ora me ne sto andando, ma ho perso 2
milioni di euro che lui mi ha estorto: mi ha fatto vivere nella paura”.

Sempre nell’ordinanza per questi motivi si legge su Nardi: “È una persona senza scrupoli con personalità pregiudicata e pericolosa e particolare propensione al crimine”. Il sistema Savasta è stato ricostruito grazie alle indagini sulla false fatturazioni di alcune aziende di Barletta dalla Procura di Trani, a quella di Firenze e poi a Lecce. I primi Ad accorgersi per primi che qualcosa non funzionava correttamente furono i finanzieri del Gruppo Barletta, come ha spiegato l’ex comandante, il maggiore Carmelo Salomone, ascoltato a verbale nel corso dell’inchiesta che a giugno 2018 portò all’arresto di D’Agostino disposto dai pm di Firenze.

L’ex pubblico ministero Savasta all’epoca dei fatti in servizio presso la Procura di Trani aveva indagato sul giro di false fatture per agevolare l’immobiliarista, senza iscrivere nel registro degli indagati gli amministratori delle società compiacenti. L’ufficiale della Guardia di Finanza raccontà ai pm che “Savasta mi disse prima che voleva iscriverli e poi che non intendeva più farlo né che avrebbe mandato la notizia di reato a Firenze”. Secondo quanto ha ricostruito la Procura di Lecce, l’imprenditore D’Agostino già versava mazzette al pm Savasta per aggiustare le indagini nei suoi confronti. E così applicando il suo sistema di corruzione di evitava il carcere a quanti erano amici dell’imprenditore.

Il verbale di interrogatorio dell’ufficiale delle Fiamme Gialle così continua: “Chiedemmo al pm di valutare l’opportunità di chiedere misure cautelari ma non ha mai chiesto le misure né ci ha fatto effettuare altre indagini o ci ha mai dato altre deleghe“. Savasta per sviare le indagini avrebbe anche escluso la polizia giudiziaria dagli
interrogatori di alcune persone.

Addirittura “uno dei quali sintetizzato in appena 15 righe“, scrive il Gip Gallo, ed “un altro privo delle domande essenziali” e impedendo agli investigatori persino di analizzare il materiale sequestrato in casa di Dario Dimonte, imprenditore complice e vicino a D’Agostino. Il maggiore Salomone continuava : “Dissi al pm che avrei ritenuto utile interrogare gli indagati ma lui lo fece da solo. Inoltre decise di restituire denaro e documentazione a Dimonte senza che l’avessimo analizzata”.

Gli avvocati “complici”. Ruggiero Sfrecola risultava difensore d’ufficio di molti indagati nelle inchieste del pubblico ministero Savasta a Trani. Secondo a quanto raccontato dal legale, i due erano amici di lunga data ma non si facevano alcun problema ad occuparsi degli stessi casi. Il magistrato Savasta utilizzando false attestazioni, secondo la Procura di Lecce, quando doveva far contattare un avvocato d’ufficio riusciva a far comparire sempre lo
Sfrecola come avvocato di turno.

Dai controlli effettuati sui numeri telefonici contattati dalla Procura di Trani è emerso che si trattava di utenze chiuse e non attive dagli anni 2005-2006. Ed il nome e l’indirizzo di Sfrecola in molti fascicoli comparivano indicati scritti addirittura a mano dallo stesso pm Savasta.

L’avvocato Sfercola era il tramite fra il pm Savasta e D’Agostino, e secondo le ipotesi accusatorie dalle sue mani passarono parecchie “mazzette”, una parte delle quali finì nelle sue tasche. Gli incontri in cui sarebbero avvenuti i pagamenti delle corruzioni giudiziarie sono stati tutti documentati, così come ad esempio un soggiorno romano nella primavera 2015 in cui il passaggio di soldi fra Savasta e Sfrecola, accadde nella stessa camera dell’hotel, nello stesso periodo in cui uno erano l’inquirente e l’altro il difensore di alcuni indagati.

Dopo l’arresto disposto a giugno dalla Procura di Firenze, il sequestro dell’agenda di D’Agostino preoccupò non poco politici ed esponenti delle istituzioni in quanto l’imprenditore come ha verbalizzato durante l’interrogatorio, annotava tutto. E’ stato grazie alle pagine della sua agenda, al cui interno oltre agli appuntamenti, erano riportate le tangenti con cifre e nomi dei destinatari, che i Carabinieri di Barletta hanno trovato conferma della visita del dicembre 2015 a palazzo Chigi avvenuta grazie all’intervento
di Tiziano Renzi, padre dell’ex premier Matteo, per consentire l’incontro avvenuto fra il pm Antonio Savasta e l’ex sottosegretario alla presidenza del consiglio Luca Lotti. L’obiettivo del pm di Trani, scrive il gip nella sua ordinanza, “era costruirsi soluzioni per la sua già compromessa (da procedimenti disciplinari e penali) situazione.

(Fonte: Corriere del Giorno)


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