27 Aprile 2024

Beirut, presidente Libano ed Hezbollah: l’inchiesta sull’esplosione sia nazionale

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Ansa

Il leader degli Hezbollah libanesi, Hassan Nasrallah, ha tenuto oggi un discorso televisivo in diretta, sulla tv al Manar del movimento sciita libanese, per parlare dell’esplosione che ha devastato Beirut, la capitale del Libano. La decisione è stata presa dopo che da più parti si sono levate voci che accusavano il movimento sciita filo iraniano di essere corresponsabile del disastro, in quanto avrebbe tenuto depositi d’armi nella zona del porto. Armi che avrebbero aggravato l’esito della prima esplosione, provocata da un’ingente e pericolosa quantità di nitrato d’ammonio stoccata dal 2013 nel porto. Nel complesso i morti sono stati oltre centocinquanta e i feriti oltre 4.000.

Il leader sciita ha per prima cosa espresso le condoglianze alle famiglie delle vittime, da lui definite “martiri”, dell’esplosione che ha devastato Beirut martedì scorso. “È un evento che ha colpito tutti i libanesi, Beirut è di tutti i libanesi, al di là delle diverse appartenenze comunitarie”, ha sottolineato, ricordando che Il movimento sciita libanese Hezbollah è intervenuto subito dopo l’esplosione di martedì in soccorso delle vittime, lanciando appelli per donare sangue, per inviare volontari e soccorritori.

Poi il leader degli Hezbollah libanesi ha smentito con forza che l’esplosione di martedì scorso che ha devastato Beirut sia stata causata dalla deflagrazione di armi depositate dal Partito di Dio nel porto di Beirut. “Sono tutte bugie e menzogne”, ha detto.

Sì all’inchiesta ma non a quella internazionale​

In quanto a un’inchiesta su quanto accaduto Nasrallah ha escluso che ci debba essere una inchiesta internazionale, ma ha chiesto che ci sia “una inchiesta trasparente, giusta, indipendente” condotta dall’esercito nazionale e non da altre forze e istituzioni libanesi. Parlando del fatto che da più parti si è sollevato il tema della scarsa fiducia nelle istituzioni libanesi, Nasrallah ha detto: “Tutte le parti politiche dicono che l’esercito libanese è l’unica istituzione del paese su cui c’è piena fiducia… bene, che sia allora l’esercito a condurre l’inchiesta”.

Su questo la posizione va a concordare con quella del presidente libanese Michel Aoun, che ha respinto oggi le richieste di un’inchiesta internazionale sulle esplosioni di martedì a Beirut, avanzate ieri da varie parti, compreso il presidente francese Emmanuel Macron durante una visita in Libano.

Il presidente libanese Michel Aoun, inoltre, ha detto che non si può escludere che le due esplosioni che martedì hanno devastato Beirut possano essere state il risultato di “un’aggressione esterna, con l’ausilio di un missile, di una bomba o di un altro mezzo”. Per questo secondo il presidente l’inchiesta dovrà appurare se si sia trattato appunto di “un’aggressione esterna o delle conseguenze di negligenza”. Aoun ha affermato che a tal fine ha chiesto al presidente francese Emmanuel Macron, di fornire le immagini satellitari dei momenti delle esplosioni.

Il nitrato d’ammonio «dimenticato»​

Intanto alcuni documenti dimostrano che diverse autorità libanesi, tra le quali il ministero della Giustizia e almeno un magistrato, erano stati informati della presenza nel porto di Beirut delle 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio, all’origine delle esplosioni che martedì hanno devastato interi quartieri di Beirut. Lo scrive il sito della Cnn, precisando di avere avuto visione di tali incartamenti.

“Responsabili delle dogane – scrive l’emittente – inviarono ripetuti allarmi ad un giudice in merito al carico pericoloso. Ma il giudice, che non può essere identificato per ragioni legali, rispose a più riprese che la nave e il suo carico avrebbero potuto trovarsi al di fuori della giurisdizione della Corte”.

Il riferimento è alla nave MV Rhosus, battente bandiera moldava ma di proprietà di un armatore russo, che nel 2013 si fermò per problemi legali nel porto di Beirut con il suo carico di nitrato di ammonio, apparentemente destinato al Mozambico. Da allora il carico è rimasto immagazzinato appunto nello scalo, fino all’esplosione di martedì.

Fonte:Avvenire

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