Lo scorso 10 dicembre abbiamo pubblicato un articolo sulla clamorosa sentenza del tribunale di Catanzaro che ha riconosciuto a un paziente calabrese affetto da tumore la possibilità di scegliere la cura Di Bella poiché la medicina ufficiale, su quel caso, ha fallito.
Il Tribunale calabrese, in particolare, ha riconosciuto che, nel caso specifico, i farmaci del MDB sono, allo stato attuale e in virtù degli atti documentati, l’unica cura in grado di portare, sul paziente, “un miglioramento del quadro sintomatico della patologia tumorale, non altrimenti realizzabile con i farmaci elencati in classe a) o b), utilizzati dalla medicina ufficiale per la cura delle patologie tumorali…”. E’ stata una sentenza clamorosa.
Il Metodo Di Bella, a fine anni ’90 fu al centro di un braccio di ferro tra il professor Luigi Di Bella, artefice della cura ‘salva vita’ e il governo di allora, che evidentemente sotto pressione dei colossi farmaceutici alla fine “bocciò” la cura Di Bella, considerata in larga parte efficace su diverse neoplasie. Ma ha un difetto: il suo costo è molto basso.
Girando in rete sulla vicenda dei tumori abbiamo ritrovato un dibattito del 2018 molto interessante a cui partecipò il noto oncologo Ermanno Leo, direttore della struttura di chirurgia colo-rettale presso l’Istituto tumori di Milano nonché professore a contratto presso la Scuola di specializzazione in Chirurgia generale dell’università di Roma ‘La Sapienza’.
Il titolo dell’incontro era “Ricerca farmaceutica: business o speranza”, moderato dal giornalista Gianluigi Nuzzi e a cui ha partecipato anche Nicola Bedin, dell’ospedale San Raffaele di Milano. Un meeting organizzato da un’associazione composta dagli amici di Gianroberto Casaleggio, cofondatore del M5s insieme a Beppe Grillo, presente in sala in compagnia di Luigi Di Maio, allora capo politico del movimento.
“Il timore mio – affermò il professor Leo – è che il cancro sia diventato, in questi decenni, un affare insieme alle guerre. La chemioterapia non è la soluzione del cancro”, ha sottolineato accusando di fatto Big Pharma di aver realizzato un colossale business su terapie come la chemio, un po’ come oggi avviene coi vaccini anti covid. E qualsiasi trattamento alternativo, come quello Di Bella, viene segato sul nascere. Il problema, ad avviso del professore, è che queste terapie hanno scarsa efficacia: “un insuccesso”. E Leo lo spiega senza esitazioni.
“Io – ha detto il prof. Ermanno Leo – sono qui quasi per fare un mea culpa come oncologo, ma se dovessimo paragonare e confrontare ciò che ho sentito oggi (estate 2018, ndr) che di encomiabile tecnologico è avvenuto nell’oncologia sono profondamente deluso e rendo omaggio a chi non ce l’ha fatta e a chi in questo momento non ce la sta facendo. A me interessa un dato, poi tutti sappiamo che i giochi statistici si possono manipolare e fare: in Italia ci sono ogni anno quasi 180.000 morti di cancro. Se questo è il segno di un successo io vado ai giardini pubblici. Il timore mio, e me ne assumo totalmente la responsabilità, è che il cancro in questi decenni sia diventato un affare insieme alle guerre”.
“Il tumore al colon-retto, – ha proseguito Leo – di cui mi occupo e di cui si conoscono tutti i precursori, è l’unico che potrebbe scomparire dalla faccia della terra. Si ammalano ogni anno 50.000 persone con 25.000 morti l’anno. Se si facesse una colonscopia a tutti gli italiani sopra i 45-50 anni non ci sarebbe più la malattia perché si andrebbero ad asportare le forme ancora benigne e evitare la trasformazione in maligna così da non ricorrere al potere delle multinazionali. Io lo dico senza vergogna – conclude Leo – ma queste persone ormai gestiscono il problema farmaco fregandosene che i morti non sono assolutamente diminuiti e anzi, perché il problema è che tutti sanno che la soluzione del cancro non sarà legata alla chemioterapia. Bisognerà cambiare completamente registro”.
Guarda il dibattito integrale (l’intervento di Ermanno Leo dal 25° minuto in poi)