Londra e Buckingam Palace tremano e hanno mobilitato, supportati da Ue e Usa, tutta la forza di cui sono capaci per diassuadere gli scozzesi a scindersi dalla corona. I “sudditi” questa volta fanno sul serio e si capisce dagli interventi di autorevoli esponenti del mondo occidentale, compresa la regina Elisabetta, che non ha mai fatto una dichiarazione in vita sua.
In caso di vittoria del “no” all’indipendenza in Scozia ci sarà un forte cambiamento, “non è più possibile lo status quo”. Il premier britannico David Cameron alza la posta per scongiurare la secessione, assicurando che la campagna elettorale ha cambiato tutto e che “non ci sarà più un ritorno” al passato.
Una marcia indietro rispetto alle dichiarazioni di qualche ora prima in cui il PM britannico minacciava: “Se andate via sarà per sempre”. “Se vince il “no” – è invece la sua promessa di ieri sera – ci sarà un programma senza precedenti di devolution, con nuovi poteri al Parlamento scozzese in materia di tasse, spesa pubblica e welfare”.
Tutti i poteri internazionali sono scesi in campo per “influenzare” il voto del 18 settembre 2014. Usa e Ue compatti nel minacciare presunti “rischi” di un distacco dalla monarchia, sebbene vi siano molti casi, basti guardare all’Europa dell’Est in cui l’indipendenza degli stati dall’ex Unione sovietica era perorata e finanziata dall’occidente.
Gli stessi Usa sono una nazione che per l’Indipendenza ha fatto una guerra sanguinosa nel ‘766 e vive sulla righe della carta dell’Indipendenza. E’ evidente che una eventuale rottura metterebbe in serie difficoltà non tanto la Scozia, ricca di petrolio e materie prime, quanto l’Inghilterra che dovrà ripensare la sua “autonomia” monetaria. Le lobby finanziarie hanno paventato “catastrofe” economiche per la Scozia libera e indipendente, ma non è vero.