Oscilla fra 1 e 3 centesimi il costo nei supermercati e ipermercati di un sacchetto biodegradabile e compostabile per il primo imballo alimentare (quello di frutta, verdura, carne e pesce), per un costo annuale per una famiglia compreso tra 4,17 e 12,51 euro. La stima è dell’Osservatorio di Assobioplastiche, che ha compiuto una prima ricognizione di mercato in occasione dell’entrata in vigore, il 1 gennaio, della legge 123/2017.
L’Osservatorio, spiega una nota, stima che il consumo di sacchi per ortofrutta e per il cosiddetto secondo imballo (quello dei prodotti che prima vengono incartati, come carne, pesce, gastronomia, panetteria) si aggiri complessivamente tra i 9 e i 10 miliardi di unità, per un consumo medio di ogni cittadino di 150 sacchi all’anno. Ipotizzando che il consumo rimanga su queste cifre, al momento – con i prezzi appena rilevati, spiega Assobioplastiche – la spesa massima annuale sarebbe attestata a 4,5 euro all’anno per consumatore.
Secondo i dati dell’analisi Gfk-Eurisko presentati nel 2017, prosegue il comunicato, le famiglie italiane effettuano in media 139 spese all’anno nella Grande distribuzione. Ipotizzando che ogni spesa comporti l’utilizzo di tre sacchetti per frutta/verdura, il consumo annuo per famiglia dovrebbe attestarsi a 417 sacchetti, per un costo compreso tra 4,17 e 12,51 euro (considerando appunto un minimo rilevato di 0,01 e un massimo di 0,03 euro).
“Queste prime indicazioni di prezzo ci confortano molto – spiega Marco Versari, presidente di Assobioplastiche -, perché testimoniano l’assenza di speculazioni o manovre ai danni del consumatore. I sacchetti – aggiunge – sono utilizzabili per la raccolta della frazione organica dei rifiuti, e quindi almeno la metà del costo sostenuto può essere detratto dalla spesa complessiva”.
Intanto, la vicenda dei sacchetti sta facendo infuriare i social media. Il termine #sacchetti è diventato virale su Facebook e Twitter. In molti a polemizzare contro la scelta di far pagare le buste alimentari, ma molti altri a contrastare la ‘rivolta’. “Tutto questo casino per un centesimo, ma poi twittano dall’iPhone”, twitta un internauta.
Legambiente difende la scelta: “Troppe bufale su sacchetti”
Sui nuovi bioshopper biodegradabili e compostabili a pagamento, utilizzati per gli alimenti e obbligatori dal 1 gennaio 2018, circolano “troppe bufale e inesattezze”, afferma Legambiente, nel ribadire che invece “fanno bene all’ambiente e aiutano a contrastare il problema dell’inquinamento da plastica”.
In particolare, Legambiente punta il dito contro due “bugie”: che sia una “tassa occulta” e che favorisca il monopolio di Novamont, azienda a cui si deve l’invenzione di Mater-Bi, famiglia di bioplastiche biodegradabili e compostabili.
“Da sempre i cittadini pagano in modo invisibile gli imballaggi che acquistano con i prodotti alimentari, solo che dal 1/o gennaio il prezzo è visibile e presente sullo scontrino”, spiega l’associazione ambientalista, aggiungendo che in Italia si possono acquistare bioplastiche da almeno una decina di aziende.
Tuttavia, Legambiente rileva che “tra le principali aziende della chimica verde, una volta tanto l’Italia ha una leadership mondiale sul tema, grazie ad una società che è stata la prima 30 anni fa a investire in questo settore, e che negli ultimi 10 anni ha permesso di far riaprire impianti chiusi, riconvertendoli a filiere che producono biopolimeri innovativi che riducono l’inquinamento da plastica”.
Quanto all’utilizzo dei sacchetti monouso, Legambiente spiega che “è un problema che si può superare semplicemente con una circolare ministeriale, che permetta in modo chiaro, a chi vende frutta e verdura, di far usare sacchetti riutilizzabili, come ad esempio le retine, pratica già in uso nel nord Europa”.
Nel definire queste polemiche “incomprensibili”, Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente, osserva che “sarebbe utile che ci si preoccupasse dei cambiamenti climatici e dell’inquinamento causato dalle plastiche non gestite correttamente, e che si accettassero soluzioni tecnologiche e produttive che contribuiscono a risolvere questi problemi, senza lasciarsi andare a polemiche da campagna elettorale, di cui non se ne sente il bisogno”.