Il Sveriges Demokraterna (Svezia Democratica), movimento euroscettico che fa capo a Jimmie Åkesson, leader nazionalista di estrema destra, triplica quasi i voti rispetto alle ultime consultazioni. I Democratici, secondo le primissime proiezioni passano dal 5,7% di quattro anni fa a oltre il 13%. In un primo exit poll di YouGov erano al 10,5%.
Åkesson è la vera novità nelle elezioni per il rinnovo del parlamento e ricalca il risultato delle elezioni europee del 25 maggio scorso, dove partiti e movimenti euroscettici hanno stravinto un po’ dappertutto, sebbene in un ordine sparso tale da non consentire un’aggregazione compatta al Parlamento di Strasburgo.
A conquistare il governo, nel rispetto del principio dell’alternanza, sempre secondo le prime proiezioni sono i sono i socialdemocratici di Stefan Lofven, partito che avrebbe poco meno del 44% in un’alleanza che va dai Verdi, ambientalisti e postcomunisti. Le femministe non superano lo sbarramento. Sconfitto il centrodestra del premier uscente, il conservatore Fredrik Reinfeldt. Una sconfitta che a tarda sera ammette. I quattro partiti della sua coalizione sono al momento fermi sotto il 39%. Circa 5 punti in meno della coalizione di sinistra e la tendenza dello spoglio è costante su questo risultato.
L’estrema destra di Åkesson, – definita da lobby, oligarchi europei e dai media di regime “populista (ossia, che fa gli interessi del popolo e non dei poteri forti…) razzista, nazista e xenofoba”, come l’Ukip di Farange e il Front National di Le Pen – è stata dunque determinante nel cedere lo scettro della vittoria ai socialdemocratici.: “Saremo l’ago della bilancia”, ha detto a caldo Åkesson, un giovane che ha puntato molto in una campagna anti immigrazione. Il Sveriges Demokraterna conquisterebbe 47 seggi.
I socialdemocratici, secondo queste prime proiezioni si fermerebbero a 160 seggi, non sufficienti, però, alla quota minima di 175 per governare, mentre 142 andrebbero ai conservatori. Se fossero confermati questi dati si andrebbe verso un governo di minoranza (un po’ difficile da attuare) o di larghe intese, un modello quest’ultimo introdotto dalla Merkel e che funziona in Europa visto che di rado tra le formazioni odierne, siano esse socialiste o conservatori, si riesce a scorgere la differenza. Vedi in Italia Pd, Udc, Ncd e Fi.
A proposito della Merkel, ieri secondo i primi dati delle elezioni regionali tedesche tenutesi nei Laender orientali di Turingia e Brandeburgo, il partito antieuropeista “Alternativa per la Germania” ha sfondato, rafforzando la sua sfida alla cancelliera Angela Merkel in regioni come la Turingia, dove ottiene il 10% e in Brandeburgo, cioè la vecchia Prussia, dove il fronte populista arriva al 12%. Il partito anti-euro tedesco, l’AfD, ha confermato così la sua forza alle elezioni regionali in due Laender dell’ex Germania dell’Est due settimane dopo il successo nel voto in Sassonia.
Alternative fuer Deutschland, guidato da Bernd Lucke, ha ottenuto secondo dati non ancora definitivi il 10,6% in Turingia e il 12,2% in Brandeburgo. “Sono felicissimo di questa dimostrazione di fiducia”, ha dichiarato Lucke, fiero del “rinnovamento” offerto dal suo partito. Il segretario generale della Cdu, il partito conservatore alla guida del governo federale tedesco, Peter Tauber, considera la vittoria dell’AfD una “sfida per tutti i partiti” e ha escluso qualsiasi alleanza con gli antieuropeisti.