La banda “ultralarga” presto diventerà realtà quando ancora l’Italia è in attesa di quella semplicemente “larga”, mai realizzata o a tratti.
Il Cipe ha approvato uno stanziamento di 2,2 miliardi di euro su 12 previsti per coprire l’intero paese, ha anticipato lo stesso premier Matteo Renzi: “Oggi il Cipe che si sta ancora riunendo ha approvato finalmente un cospicuo intervento economico sul piano di banda ultralarga, una autentica, straordinaria, novità. E l’infrastruttura più importante per i prossimi 20 anni e l’obiettivo è una copertura completa del Paese”, ha spiegato il presidente del Consiglio.
Secondo il governo il piano per la banda ultralarga “vale 12 miliardi, di cui 5 privati e 7 pubblici. Di questi ultimi 4,9 vengono da iniziative del governo e 2,1 dai Fondi strutturali Regionali”, ha sottolineato Renzi chiamando i privati a fare la “loro parte”.
“A questo punto per gli operatori di telefonia non c’è da fare altro che mettersi in gioco”, ha infatti detto Renzi in conferenza stampa a palazzo Chigi parlando della delibera del Cipe sulla banda ultra larga. Il premier ha poi ricordato l’accordo di oggi tra Tre e Wind e l’investimento di 750 milioni annunciato da Telecom per il Centro Sud. “A quelli che dicono ma che state facendo al Sud – ha aggiunto – migliori risposte di queste non ci possono essere. Mentre qualcuno piange altri fanno”.
La banda larga è sempre stata una utopia in Italia sia per i pochi investimenti posti in essere che per la scarsa volontà politica del passato a investire laddove, evidentemente il ritorno economico, è sempre stato ritenuto “minimale”. Sono almeno venti anni che se ne parla, tra promesse e mezze realizzazioni di impianti in fibra ottica.
Bypassare quella “larga”, mai realizzata, per arrivare alla banda ultralarga, ironizza più di qualcuno, “è un grande passo in avanti”. Occorre capire infatti a chi giova questa mega operazione. Oggi che il governo è disposto a mettere sul piatto 7 miliardi mentre i privati, che si faranno pagare fior di quattrini per connettersi, solo 5. I cittadini in questo modo pagheranno due volte: la prima attraverso il contributo statale, la seconda per pagare i gestori dei servizi di rete le cui infrastrutture hanno in larga parte già pagato. “Cui prodest? A guadagnarci saranno solo i giganti delle Comunicazioni?”, è la domanda che ci si pone.