Sara Ferrari, una donna di Rovigo, eredita un tesoro ma una leggina del supertecnico Monti le impedisce di incassarli. Ha trovato a Berlino due miliardi del vecchio conio (un milione di euro) in una cassetta di sicurezza intestata allo zio paterno defunto, ma Bankitalia non può convertirli per via del decreto “Salva Italia” che nel 2011 è entrato in vigore e negli anni successivi ha precipitato il paese.
Vittima dell’inghippo beffardo firmato dai tecnici scelti dai banchieri di Francoforte e Napolitano, è appunto Sara Ferrari, 43 anni di Rovigo, ma residente da molti anni a Bruxelles, dove lavora come funzionario di un ente pubblico. Quella legge (anticostituzionale) ha in sostanza “regalato” all’Erario tutte le vecchie lire ancora in circolazione e in possesso di ignari anziani che evidentemente poco si fidavano dell’euro, la nuova moneta che doveva “salvare” l’Europa e invece ha ridotto alla fame milioni di persone.
Non si poteva fare perché è un attacco frontale alla proprietà privata sancita dalla Costituzione, (art. 42) ma lui, il professorone della Bocconi, è andato avanti senza guardare in faccia nessuno. La moneta in possesso di un privato è da considerarsi “proprietà privata” a tutti gli effetti e come tale va garantita secondo la Carta. Non può essere “sottratta” o “espropriata”, anche perché in questo caso non c’è l’interesse generale dello Stato, il cui principio s’introduce solo salvo indennizzi: parliamo di terreni per opere strategiche e via dicendo. E non è questo il caso.
A dirla tutta è anche incostituzionale quel “regolamento” di Bankitalia che sanciva il limite temporale di dieci anni per convertire le lire in euro poiché, anche se fuori corso, è da considerarsi un bene come l’Oro, come un immobile, come un terreno. Quei miliardi ereditati dalla signora Ferrari hanno pertanto “valore” a tutti gli effetti come una casa, un fabbricato o titoli di Stato. Un valore acquisito col duro lavoro del parente defunto che non può essere confiscato (di confisca si tratta) per legge, salvo reati di illecito arricchimento.
IL RACCONTO
“Mio zio paterno Salvatore – racconta Sarà al Corriere della Sera – emigrò molti anni fa a Berlino, dove si fece valere per la sua bravura come orafo. Lo zio è morto alcuni mesi fa, celibe e senza figli. Riordinando una delle case che mi ha lasciato in eredità ho trovato alcuni documenti che facevano riferimento a una cassetta di sicurezza aperta molti anni prima dallo zio in una filiale della Deutsche Bank di Berlino”.
IL TESORO
“Al suo interno c’erano alcuni Bot del Tesoro italiano con tagli da 10, 50 e 100 milioni di vecchie lire oltre a denaro contante per un miliardo e 450 milioni in banconote da 500 mila lire oltre a circa un milione di marchi tedeschi”. [flagallery gid=7]. Invece, “per il cambio dei marchi sono bastati appena 10 giorni: 730mila euro, che la banca tedesca le ha convertito sull’unghia.
Ma allo sportello Bankitalia di Milano si è sentita calata in un’altra realtà.
LA SORPRESA
“Mi è stato risposto che in base al decreto Monti del 6 dicembre 2011 le vecchie lire ancora in circolazione si prescrivono a favore dell’Erario con decorrenza immediata e che il relativo controvalore è versato all’entrata del bilancio dello Stato per essere assegnato al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato”.
L’AMAREZZA
“Da italiana che vive all’estero da molti anni non posso non far notare che in Germania ci son voluti dieci giorni per ottenere valuta corrente dai vecchi marchi, e si parla della bella somma di 730 mila euro, mentre nel mio Paese non è possibile altrettanto. Nonostante si chiami Unione Europea le leggi non sono uguali per tutti i cittadini”.
In conclusione, quei soldi sono per Sara solo carta straccia. Lo sono per lei ma non per lo Stato che ha confiscato il denaro e “paradossalmente” riesce a convertirlo e farne ciò che ritiene. Ma Sara Ferrari annuncia battaglia: avvierà azioni legali contro Bankitalia e il ministero delle Finanze. E se non basta, farà ricorso anche alla Corte Europea per ottenere ciò che le spetta.
Noi tifiamo per lei.