Come ampiamente previsto, la Commissione Affari Costituzionali della Camera, presente solo la maggioranza, ha approvato la riforma elettorale dopo il varo al Senato. Da lunedì 27 aprile il testo approderà in Aula con i gruppi sul piede di guerra.
La tensione è alle stelle, soprattutto nel Pd di Matteo Renzi che qualche giorno fa ha provveduto a sostituire i dieci membri ribelli dalla Commissione che fanno capo alla minoranza dem. Il premier tira per la sua strada e ha fatto ben capire che il testo rimarrà tale e quale. Nessuna modifica è stata apportata come chiedevano invece i vari Bersani, Cuperlo e Civati.
Mentre il provvedimento passa in Affari costituzionali, Forza Italia, che al Senato aveva votato a favore, arriva allo scontro. Ed è il presidente azzurro Silvio Berlusconi a prendere posizione: “Non possiamo votare questa legge elettorale. Una legge che Renzi ha cambiato 17 volte. Non possiamo consentire a Renzi – aggiunge l’ex premier – di prendere il potere totale con 30% dei voti attraverso una legge che di fatto con lo sbarramento al 3% polverizza l’opposizione”.
“Noi – dice Berlusconi – avevamo proposto l’elezione diretta almeno chi vince è legittimato dal popolo e ci sarebbero solo due partiti”, mentre il capogruppo di Fi Renato Brunetta ricorda che “lo strappo lo ha fatto Renzi, deportando dieci suoi parlamentari in commissione Affari Costituzionali. Non si era mai vista – aggiunge – una deportazione di questo tipo, tendente evidentemente a condizionare l’azione politica di una parte consistente del suo stesso gruppo parlamentare”.
Brunetta afferma che “se Renzi metterà la fiducia peggio per lui”. Poiché da questa azione è inevitabile che “ci saranno delle reazioni all’altezza della violenza che il premier sta realizzando sull’intero Parlamento”. Secondo il capogruppo di Fi, “Renzi è un dittatorello di provincia, ha rotto il patto del Nazareno, dopo avere utilizzato i voti di Forza Italia per realizzare il suo egemonismo.
La maggioranza del Pd replica con ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi: “I gruppi parlamentari – dice – rinuncino a chiedere il voto segreto in aula sulla riforma elettorale”. Una preoccupazione che prelude alla fiducia poiché se il voto segreto ottiene il via libera dall’ufficio di presidenza della Camera, potrebbero non mancare le sorprese nelle urne dell’Italicum. Renzi rischia di non avere i numeri sufficienti per approvare in via definitiva la riforma elettorale. E i franchi tiratori dovrebbe cercarli di scovare tra i renziani delusi e quanti in Ap, Scelta civica e Misto non sono proprio convinti che l’Italicum, così come’è, sia migliore del vecchio “Porcellum”.