10 Ottobre 2024

La crisi Ucraina spacca il governo italiano. Di Maio lascia il M5S: “Basta ambiguità”

Resa dei conti finale nei grillini. "Scelta sofferta" del ministro ed ex capo politico dei 5s, che non saranno più la prima forza in Parlamento. Una settantina I parlamentari che confluiranno in "Insieme per il Futuro". Passa la risoluzione 'unitaria', ma l'esecutivo vacilla

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“Lasciamo il Movimento 5 Stelle che da domani non sarà più la prima forza politica del Parlamento”.

L’addio di Luigi Di Maio al Movimento che aveva contribuito a portare oltre il 32% arriva alla fine della giornata più lunga per la tenuta della maggioranza e del governo Draghi, dopo lo scontro con Giuseppe Conte sull’invio di armi all’Ucraina.

Al momento sarebbero 60 i deputati a Montecitorio a seguire il ministro degli Esteri, mentre al Senato sarebbero una decina. Giusto il numero per creare un gruppo. Il movimento si chiamerà “Insieme per il Futuro”.

L’ex capo politico M5S annuncia una “scelta sofferta” ma che pone fine alle “ambiguità”. E assicura che nella nuova realtà non ci sarà spazio “per odio, populismi, sovranismi, personalismi, superficialità”.

Di Maio lancia la sua “operazione verità” dopo che Draghi ha incassato il sì compatto della sua maggioranza al Senato, con 219 voti, a proseguire nell’azione di sostegno all’Ucraina con una risoluzione che, dice il suo ministro degli Esteri, “rafforza il governo” con un “voto netto” dopo “settimane di ambiguità, turbolenze e attacchi” che “indebolivano” l’immagine dell’Italia all’estero. Pensare di “picconare” il governo per ragioni “legate alla crisi di consenso”, senza nemmeno riuscire a recuperare voti, affonda Di Maio, è da “irresponsabili”.

E conferma, acclamato dai deputati e senatori che lo stanno seguendo nel nuovo progetto, l’intenzione di continuare a sostenere “con lealtà e impegno” il governo Draghi. Non sarà, assicura, un “partito personale” ma si darà vita a “un nuovo percorso”.

Perché una “forza politica matura”, dice ancora riferendosi ai suoi ex compagni di viaggio, deve sapere “aprirsi al confronto, al dialogo” e saper fare tesoro dell’esperienza nelle istituzioni che, a distanza di due legislature, “ci ha fatto capire che alcune esperienze del passato erano sbagliate”.

“Da oggi inizia un nuovo percorso. Per fare progredire l’Italia da Nord a Sud abbiamo bisogno di aggregare i migliori talenti e le migliori capacità, perché uno non vale l’altro”.

Il premier Draghi oggi ha superato la prova del voto al Senato sull’Ucraina. Intesa, dopo le comunicazioni del premier in Aula, sulla risoluzione di maggioranza. “Il governo italiano insieme ai partner Ue e G7 intende continuare a sostenere l’Ucraina come il Parlamento ci ha chiesto di fare”, ha detto il premier. L’epilogo dopo lo strappo del ministro degli Esteri con il M5s, con la raccolta di firme per formare gruppi parlamentari autonomi che si potrebbero chiamare ‘Insieme per il futuro’: pronti 50 deputati e 11 senatori. Di Battista attacca: ‘Un ignobile tradimento’.

Per costituire un gruppo a Palazzo Madama servono 10 senatori e a Montecitorio 20 deputati in base al regolamento. In mattinata Beppe Grillo in un post sul suo blog aveva scritto: ‘Chi non crede più alle regole del gioco lo dica. Deponga le armi di distrazione di massa e parli con onestà”.

E’ stata approvata con 219 favorevoli, 20 contrari e 22 astenuti la risoluzione di maggioranza sulle comunicazioni del presidente del Consiglio nell’aula del Senato, in vista del Consiglio europeo del 23 e 24 giugno. Subito dopo, in aula c’è stato un applauso. Bocciate le risoluzioni presentate da Cal, dalla senatrice Elena Fattori del gruppo Misto, del senatore di Italexit, Gianluigi Paragone e di Fratelli d’Italia (su cui è stato chiesto il voto per parti separate). Su tutte il governo aveva espresso parre contrario. Il testo della risoluzione delle forze di maggioranza è il frutto di una mediazione lunga e complicata, raggiunta dopo l’intervento di Draghi.
Poggia in particolare su un passaggio in cui si sollecita il governo a continuare a garantire “il necessario e ampio coinvolgimento del Parlamento” ai principali summit internazionali, come previsto dal decreto Ucraina e – si legge nella risoluzione – “comprese le cessioni di forniture militari”. E’ questa la formula trovata per tenere in equilibrio l’esigenza del governo di citare il decreto Ucraina, che ha autorizzato l’invio di armi a Kiev, e quella sollecitata soprattutto da M5s e Leu di un maggiore coinvolgimento delle Camere nelle decisioni governative. Il premier ha lasciato Palazzo Madama e a chi gli chiedeva se fosse preoccupato per il governo ha replicato semplicemente: ‘No’. Lasciando Palazzo Madama a chi chiedeva se fosse soddisfatto per l’esito del voto sulla risoluzione si è limitato ad annuire.

“Ringrazio il Senato per il sostegno ad aiutare l’Ucraina a difendere la libertà e la democrazia”, a “continuare con le sanzioni” alla Russia, “a ricercare una pace duratura che rispetti i diritti e la libertà dell’Ucraina”, a “continuare, insomma, sulla strada disegnata dal dl 14 del 22”, ha detto il premier Mario Draghi nelle repliche al Senato prima del Consiglio Ue. “Ringrazio” il Senato “per il sostegno unitario – ha detto ancora Draghi – l’unità è essenziale”.

“Continuare a garantire secondo quanto previsto dal decreto legge 14/2022 il necessario e ampio coinvolgimento delle Camere, con le modalità ivi previste, in occasione dei più rilevanti summit internazionali riguardanti la guerra in Ucraina e le misure di sostegno alle istituzioni ucraine, ivi comprese le cessioni di forniture militari”.

E’ questo il passaggio su cui le forze di maggioranza hanno trovato l’accordo nel testo della risoluzione sulle comunicazioni del premier Draghi che sarà messa al voto in Senato. Nel testo, tra l’altro, si impegna il governo a “esigere, insieme ai partner europei, dalle autorità russe l’immediata cessazione delle operazioni belliche e il ritiro di tutte le forze militari che illegittimamente occupano il suolo ucraino, con iniziative multilaterali o bilaterali utili a una de-escalation militare che realizzi un cambio di fase nel conflitto, aumentando in parallelo gli sforzi diplomatici intesi a trovare una soluzione pacifica basata sul rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina e dei principi del diritto internazionale”.

Altri impegni chiesti al governo – nel testo della risoluzione unitaria – sono quello di “esigere, insieme ai partner europei, dalle autorità russe l’immediata cessazione delle operazioni belliche e il ritiro di tutte le forze militari che illegittimamente…

“Il governo italiano insieme ai partner Ue e G7 intende continuare a sostenere l’Ucraina come questo Parlamento ci ha detto di fare”. Lo ha detto il premier Mario Draghi nelle comunicazioni al Senato prima del Consiglio Ue. “Il 3 giugno il Consiglio Ue ha votato” l’ultimo “pacchetto di sanzioni”. “Le sanzioni funzionano”. “I nostri canali di dialogo restano aperti, non smetteremo di sostenere la diplomazia e cercare la pace, nei termini che sceglierà l’Ucraina”. “Ricercare la pace, superare la crisi: questo è il mandato ricevuto dal Parlamento, da voi. Questa è la guida della nostra azione”. “La strategia dell’Italia – ha detto ancora il premier – in accordo con l’Ue e il G7, si muove su due fronti, sosteniamo l’Ucraina e imponiamo sanzioni alla Russia perché Mosca cessi ostilità e accetti di sedersi al tavolo dei negoziato”. Lo ha detto il presidente del consiglio, Mario Draghi, nelle comunicazioni al Senato sul consiglio europeo del 23 e 24 giugno.

“Il conflitto in atto” ha innescato – ha evidenziato il premier parlando della questione della crisi del grano – “una crisi umaniaria di dimensione straordinaria, sono a rischio le forniture di grano nei paesi più poveri” e nei porti ucraini sono bloccati “milioni di tonnellate del raccolto precedente”. Bisogna “liberare le scorte che sono in magazzino per sbloccare le forniture e fare spazio al nuovo raccolto che arriverà a settembre”. “Negli ultimi giorni la Russia ha ridotto le forniture di gas all’Ue e all’Italia, dall’inizio della guerra il governo si è mosso con rapidità per trovare fonti alternative” e “grazie” a questo “potremo ridurre già dall’anno prossimo la dipendenza dal gas russo”.


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