Chi l’avrebbe mai detto. La comunità scientifica internazionale ci ha sempre riferito che il male degli ultimi due secoli, il cancro, era strettamente connesso ad errati stili di vita, abitudini alimentari sballate, viziacci sinistri come il fumo e invece…Chi si ammala di tumore è (in larga parte) semplicemente “sfigato”. Ne è convinta Science – una delle più autorevoli riviste scientifiche del globo – che pubblica una ricerca sbalorditiva destinata a far discutere.
Secondo gli scienziati Bert Vogelstein e Cristian Tomasetti – il primo genetista del cancro, il secondo a capo del reparto di Biostatistica presso la Johns Hopkins University di Baltimora, nel Maryland – due terzi dei tumori sono dovuti a mutazioni legate al puro caso e non a stili di vita sbagliati come il fumo. Solo un terzo è legato a fattori ambientali o predisposizioni ereditarie.
In buona sostanza, il 66 percento delle persone aggredite dal cancro per i ricercatori si ammala per pura “sfortuna” – ossia la manifestazione del tumore sembra apparentemente incomprensibile perché si verifica in assenza di comportamenti a rischio.
Per arrivare a queste conclusioni Vogelstein e Tomasetti hanno analizzato 31 differenti tumori. Tramite l’utilizzo di alcuni modelli matematici, solo 9 dei tumori sono risultati essere collegati agli stile di vita sbagliati o a difetti genetici. I restanti 22 erano “principalmente collegati alla sfortuna”, hanno spiegato.
In particolare, i ricercatori hanno contato le mutazioni casuali che possono avvenire durante una divisione cellulare. Dai risultati è emerso che il rischio di sviluppare un tumore è tanto più alto quanto maggiore è il numero delle divisioni cellulari nei tessuti.
Secondo gli scienziati in molti casi non è possibile prevenire i tumori, così la ricerca dovrebbe concentrarsi soprattutto sulla diagnosi precoce: bloccando il cancro nei primi stadi di sviluppo. “Il miglior modo di sradicare questi tumori sarà individuarli presto, quando sono ancora curabili con la chirurgia”, dicono i ricercatori.
“Con l’uso della matematica di evoluzione, si può veramente sviluppare una comprensione engineerlike della malattia”, spiega Martin Nowak, che studia la matematica e biologia presso l’Università di Harvard e ha lavorato con Tomasetti e Vogelstein.