Il bollino dell’ufficialità del ministro dell’Interno Alfano, che oggi, con un decreto firmato il 19 marzo, ha annunciato la data di apertura delle urne al 31 maggio per la tornata amministrativa, ha fatto partire il conto alla rovescia per un appuntamento che riguarderà quasi 23 milioni di italiani, considerando una sola volta gli enti interessati a più elezioni (nello specifico: oltre 19 milioni per le regionali, oltre 6 milioni per le comunali), peraltro molto atteso dalla politica nazionale. Il voto servirà per eleggere nuovi rappresentanti in 7 Regioni a statuto ordinario – Veneto, Liguria, Toscana, Marche, Umbria, Campania e Puglia – e in 1.087 Comuni, tra cui 18 città capoluogo (di cui 2 con meno di 15 mila abitanti).
Il decreto, come prassi, ha fissato anche il turno di ballottaggio dei Comuni (il cui sistema elettorale, diversamente da quello regionale, prevede il doppio turno, almeno per le realtà al di sopra dei 15 mila abitanti), previsto per domenica 14 giugno.
Come accennato, gli occhi degli analisti sono tutti puntati sulla tornata regionale per cercare di comprendere gli immediati sviluppi futuri in termini di equilibri politico-istituzionali, soprattutto per quanto riguarda il centrodestra, in forte fibrillazione dopo il caso Tosi in Veneto e per i dissidi con l’ex ministro Raffaele Fitto in Forza Italia. Ad ora l’identikit politico delle Regioni al voto evidenzia uno schiacciante 5 a 2 per il centrosinistra, dato che secondo alcuni esponenti del centrodestra verrebbe visto come una vittoria se fosse confermato.
In termini complessivi non bisogna dimenticare che la tornata del 31 maggio risentirà della profonda riforma degli enti locali iniziata formalmente il primo gennaio scorso, con l’avvio della legge Delrio (la 56 del 7 aprile 2014), che ha istituito tra l’altro le Province di secondo livello, le città metropolitane e avviato i percorsi per le unioni e fusioni dei Comuni, già ampiamente realizzati in molte parti del Paese.
La scadenza del 31 maggio riguarderà anche importanti capoluogo: 18 in tutto, di cui due con meno di 15 mila abitanti, vale a dire Venezia, Trento, Bolzano, Andria, Arezzo, Matera, Agrigento, Chieti, Rovigo, Mantova, Lecco, Macerata, Nuoro, Aosta, Vibo Valentia, Enna, Tempio Pausania e Salturi. Da ultimo è bene ricordare che il comune di Venezia è retto al momento dal commissario, dopo lo scioglimento del consiglio comunale a seguito delle dimissioni del sindaco Giorgio Orsoni indagato nell’inchiesta sul Mose. Nei comuni della Valle d’Aosta (68, tra cui Aosta) e del Trentino Alto Adige (251, tra cui Trento e Bolzano), si voterà il 10 maggio.