Papa Francesco interviene il giorno dopo l’attacco nel campus universitario cristiano di Garissa, in Kenya, per condannare “questo atto di brutalità senza senso e prega per un cambiamento del cuore di chi lo ha perpetrato”. Il bilancio dell’attentato è stato di 147 morti nell’attacco dell’Is somalo. Bergoglio si sente “profondamente rattristato dalla immensa e tragica perdita di vite”, ha detto il Pontefice in un telegramma rivolto a suo nome al cardinale John Njue, presidente della Conferenza episcopale del Kenya, inviato dal Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin.
Erano da poco passate le 5 e 30 di giovedi mattina quando un gruppo di uomini armati di “al Shabaab” col volto coperto si è introdotto nel campus universitario di Garissa sparando alla cieca e seminando il terrore tra gli studenti, ancora insonnoliti. È stato l’inferno.
Le prime testimonianze hanno riferito di colpi d’arma da fuoco seguiti da esplosioni. Agenti e soldati hanno subito circondato gli edifici cercando di mettere l’area in sicurezza. Ne è seguito un fuggi fuggi generale, mentre dall’ateneo giungevano le notizie delle prime vittime. Poi il terrore. Dopo avere rivendicato l’attacco, è giunta la notizia della presa degli ostaggi da parte del gruppo terroristico somalo.
147 persone uccise, alcune delle quali decapitate. A raccontare la violenza degli jihadisti somali sono stati alcuni sopravvissuti dell’assalto al campus. I terroristi, ha riferito la Bbc, hanno separato i giovani cristiani da quelli musulmani e rilasciato una quindicina di studenti di religione musulmana.
“La maggior parte delle persone ancora là dentro sono ragazze”, ha raccontato uno studente di 20 anni, Michael Bwana, riferendosi al dormitorio dove i terroristi hanno organizzato il sequestro. Alcuni sopravvissuti al blitz hanno testimoniato di aver visto “diversi corpi decapitati”.
“È stato orribile, loro (gli al Shabaab, ndr) hanno ucciso molte persone”, ha detto sconvolta una ragazza, Winnie Njeri, al quotidiano sudafricano News24. Angosciante anche la testimonianza di un altro giovane, Omar Ibrahim, che ha raccontato di esser «stato salvato dalle forze dell’ordine» e di aver “visto molti cadaveri, alcuni senza testa”.