Bruno Vespa per il settimanale Oggi (Da Italiani voltagabbana)
Mio padre era dipendente della Kodak, ma per arrotondare lo stipndio faceva il fotografo ai matrimoni, che a Napoli rendono molto. Foto dopo foto, ci siamo comprati due casette. Mia madre era l’angelo della casa. Quando se ne andata lei nel 2007, la famiglia ha ceduto. Io ho sempre avuto un rapporto difficile con mio padre. Ho due sorelle, io sono l’ultima, nata 11 anni dopo la prima. Ho studiato al liceo artistico, poi ho frequentato un anno di Scienze politiche alla Federico II, piena di comunisti.
Ho cambiato università e mi sono laureata in Scienze della comunicazione al Suor Orsola Beninasa. Ho guadagnato i primi soldi reggendo il flash a mio padre e arrotolando lo scotch che serviva per incollare le foto grandi sugli album matrimoniali, [quote]Sono sempre stata vanitosa. Dalla pizzeria a Telecafone per fare lo Zeling napoletano[/quote]poi facendo la cameriera in pizzeria, poi la soubrette televisiva perché sono sempre stata vanitosa. Telecafone era una specie di Zelig alla napoletana: prendendo in giro i napoletani che mangiaano il gelato Calippo in piazza, ci conquistammo una grande popolarità.
Mio padre è stato sempre fascista e maschilista, mia madre era craxiana ed è stata la prima berlusconiana della famiglia. [quote]Mio padre era fascista, mia madre craxiana[/quote]Nel 94 mio padre ha votato per la destra, mia madre per Berlusconi: «Ha fatto Milano 2, ha fatto la televisione privata, diceva, farà anche il bene dell’Italia». Io avevo nove anni e sono cresciuta a pane e Canale 5: guardavo i Puffi, Mike e i Vianello. Ma non sono stata mai milanista e non lo sarò mai. Il Napoli, per sempre, anche e questo mi costa una sacco di litigate con B.
«Ero ancora una ragazzina quando mi sono messa in testa di conoscerlo. Ho iniziato ad amarlo in maniera ossessiva. Mio padre lo criticava da destra, mia madre lo ammirava. Io dicevo: è proprio un bel figo. [toggle title_open=”Chiudi” title_closed=”LEGGI LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI BRUNO VESPA” hide=”yes” border=”yes” style=”default” excerpt_length=”0″ read_more_text=”Read More” read_less_text=”Read Less” include_excerpt_html=”no”]
Italiani Voltagabbana” di Bruno Vespa edito da Rai-Eri Mondadori
Fino all’autunno del 2013 Matteo Renzi era solo, attaccato più all’interno che all’esterno del suo partito. Nel giro di pochi mesi, molti dei suoi avversari hanno voltato gabbana, sono diventati renziani, e alcuni fanno parte della squadra di governo. Dopo la clamorosa vittoria del Pd alle elezioni europee del maggio 2014, un folto gruppo della classe dirigente del paese si è messo a disposizione del giovane presidente del Consiglio, sperando di conquistare un ruolo di primo piano.
«Ma visto che da noi non cambiava niente, l’ondata di renzismo è improvvisamente cessata» racconta il premier nel lungo colloquio accordato a Bruno Vespa per questo libro. I voltagabbana sono una costante della storia nazionale. Dal Risorgimento, quando venivamo accusati di vincere le guerre con i soldati degli altri, alla prima guerra mondiale, di cui ricorre il centenario, quando in nome del «sacro egoismo» a un certo punto ci trovammo a combattere a fianco delle due fazioni opposte, per scegliere infine quella vincente, rivolgendo le armi anche contro i tedeschi, nostri alleati da trent’anni. Mussolini, che voltò gabbana come interventista prima della Grande Guerra, si alleò con Hitler nella seconda anche perché gli era rimasto il complesso del «tradimento» del 1915.
Alla caduta del fascismo, i voltagabbana furono milioni, e Vespa narra con divertito stuporela storia di prestigiosi intellettuali e artistidiventati all’improvviso antifascisti dopo aver orgogliosamente inneggiato al Duce fino al 25 luglio. E sulla pagina vergognosa dell’8 settembre 1943 è ancora aperto il dibattito se gli italiani abbiano tradito i tedeschi o – secondo una versione più recente – se siano stati i tedeschi a tradire gli italiani.
Nella Prima Repubblica i politici cambiavano spesso corrente (specie nella Dc) piuttosto che partito, ma i tradimenti più clamorosi furono senza dubbio quelli di molti dirigenti socialisti nei confronti di Craxi. Tuttavia, il trionfo dei voltagabbana si è avuto nella Seconda Repubblica e all’alba della Terza, quella che stiamo vivendo con la riforma costituzionale. Centinaia di parlamentari hanno cambiato casacca con sconcertante disinvoltura e diversi governi sono nati e caduti con il contributo decisivo dei «senza vergogna». Berlusconi e Prodi ne sono stati le vittime principali.
Dopo essere stato via via abbandonato da Bossi, Fini e Casini, in queste pagine il Cavaliere accusa severamente Alfano, che si difende dall’accusa di «parricidio» e parla, semmai, di «figlicidio». A sua volta, il Senatùr è stato abbandonato da chi lo adorava e Beppe Grillo ha già avuto le sue molte delusioni.
Nel libro, naturalmente, ampio spazio viene dedicato a Matteo Renzi, ai retroscena della sua ascesa al potere e al governo, e ai tanti che lo detestavano e ora lo amano. E ampio spazio viene dedicato alle donne: quelle che Renzi ha portato al governo, o a incarichi di grande potere, e a Francesca Pascale, che per la prima volta racconta nei dettagli la sua storia d’amore con il Cavaliere.
In Italiani voltagabbana, Bruno Vespa dipinge con il consueto stile incalzante un affresco del costume nazionale, rileggendo la storia e la cronaca sotto un’angolazione umanissima, anche se assai poco lusinghiera. [/toggle] E lei: “E’ sposato e potrebbe e essere tuo padre”. Piano piano cominciai ad avvicinarmi a Forza Italia. Facevo attivismo politico a scuola contro le occupazioni. Ma quello era anche il mio periodo dark, mi vesti o da punk bestia, da rockettara hard (mi cambiavo fuori casa perché mio padre mi avrebbe linciato).
Adoravo Piero Pelù: mia madre scrisse a Raffaella Carrà perché me lo facesse incontrare a Carramba. Pelù ci andò, ma al posto mio incontrò una ragazza di Firenze. [quote]Adoravo Piero Pelù poi il tentativo della Carrà fino all’inconto con Martusciello per fondare a 17 anni “Silvio ci manchi”[/quote] Era già cominciata l’egemonia fiorentina che dura tuttora…A 17 anni incontrai Antonio Martusciello, coordinatore di Forza Italia a Napoli, a 21, nel 2006, fondai con altri ragazzi il club “Silvio ci manchi”. Seguivamo il presidente dappertutto. Eravamo un centinaio, ma noi scatenati soltanto una decina.
Dovunque lui facesse un comizio, noi c’eravamo con le magliette, i cappellini e le bandiere. Io scavalcavo ogni transenna per dargli la mano. Fino a quando, il 5 ottobre 2006 alle 13.50, arrivò la grande occasione. Con altre quattro pazze di “Silvio ci manchi” eravamo a Roma per un documentario di Al Jazeera su giovani e politica quando ci dissero che lui aveva una riunione al Duke Hotel dei Parioli. [quote]Lo incontrai per la prima volta e gli dissi: sei bellissimo. Lui rispose: “Ma ti senti bene?”[/quote]
Ci precipitammo lì e arrivò lui: era davvero affascinante. Lo guardai come una deficiente: “Presidente”, gli dissi “lei è bellissimo”. Lui sorrise: “Ti senti bene?”. Ci invitò a pranzare in una sala diversa dalla sua (lui era a tavola con tutti gli eurodeputati azzurri) insieme con la scorta, che naturalmente cercai di farmi amica.
Alla fine mi avvicinai di nuovo e con sfrontatezza gli chiesi: “Da azzurra ad azzurro possiamo darci del tu?”. “Sì, certamente”, rispose lui. [quote]Dalle telefonate al primo volo verso villa Certosa. [/quote]“Questo è il mio numero”, gli dissi allungandogli un pezzetto di carta: “Aspetto una tua telefonata, così mi annoto il numero”. E lui: “Vai di fretta…”. Qualche giorno dopo, a mezzanotte, squilla il mio cellulare. “Pronto, chi sono?”. E io: “Dai Lello, non prendermi in giro…”. “Davvero non mi riconosci?”. Restammo al telefono per due ore filate.
Parlammo di politica, di televisione, di calcio. E poi mi ruccontò di sua madre dei suoi figli. Mi recitò una poesia. Alla fine della telefonata, mi provocò: «Ancora non credi che sono io. Richiamami tra un minuto su questo numero».
Mi accorsi in quel momento che non avevo più credito. Mi stava chiamando il sogno della mia vita e io avevo il cellulare senza credito. [quote]Avevo il telefono senza credito ma ho provveduto con Sos ricarica per richiamarlo[/quote]Allora impostai la formula Sos Ricarica e parlai di nuovo con lui. «Ti chiamo domani a mezzogiorno per invitare voi di “Silvio ci manchi” a villa Certosa». A mezzogiorno un minuto dell’indomani mi chiamò Marinella, la sua segretaria, per organizzare il volo privato Napoli-Olbia con Scalo a Roma.
I miei genitori vollero accompagnarci all’aeroporto perché credevano si trattasse di uno scherzo. E invece il comandante del G5 era già lì in attesa. A Roma salì B. In tuta e scarpe Hogan: bellissimo. In volo ci parlò di capi di Stato di Stati Uniti e di Europa, di Villa Certosa, dei suoi figli, di Marina. Ci diede appuntamento per l’aperitivo vicino al lago delle ninfee. Io, sfacciata, gli dissi: «Quando un giorno staremo insieme, verremo qui e tu mi dedicherai una canzone».
Sei anni dopo siamo stati di nuovo lì e lui mi ha dedicato una canzone che aveva composto per me: Francesca. Invece di ringraziarlo, gli dissi che quella canzone andava bene per qualsiasi donna, bastava cambiare il nome. Lui se la prese: «Non scriverò mai un’altra canzone per te. Sei diffidente ed ingrata!». Ripartimmo da Villa Certosa la sera dell’indomani. Tra noi non ci fu niente. Tornando a casa facevo come Marzullo: domande e risposte. Guarda Francesca, tu sei presa del fascino di quest’uomo e dal potere carismatico che emana, ma non è amore, smettila, potrebbe essere tuo padre…
Ogni tanto mi telefonava. Avevo impostato nella suoneria del cellulare il suo numero alla canzone di Gianna Nannini “Sei nell’anima”. Non l’avevo detto a nessuno. Solo mia madre aveva capito che dietro quella suoneria c’era Berlusconi. [quote]La prima volta ad Arcore, ma nonostante fosse sposato aveva attenzioni speciali per me[/quote]Nell’autunno del 2006 ci incontrammo a Vicenza per una grande manifestazione. Alla fine, ci invitò a pranzo ad Arcore.
Era la mia prima volta lì: appena arrivata sentii un profuno che ritrovo sempre quando ci ritorno. Continuammo a sentirci, anche se non c’era ancora niente tra me lui.
Poco dopo la nostra conoscenza si approfondì, nei limiti consentiti a un uomo ancora sposato. B. mi dimostrava un’attenzione speciale, anche con regali pensati per farmi felice. Io investivo nel mio sentimento testa e cuore e lui molta pazienza. Entrambi i sentimenti si sarebbero rafforzati quando in seguito lui sarebbe tornato un uomo libero.
L’anno seguente, il 2007, fu, da subito, un anno terribile. Mamma si ammalò di tumore. Il presidente la fece ricoverare e assistere al San Raffaele di Milano, ma non ci fu niente da fare. Non le avevvo raccontato niente di noi. Ma l’ultima cosa che mi disse prima di morire fu: «Francesca, mi raccomando…E’ più grande di te…Salutalo da parte mia…».
A pochi mesi di distanza anche il presidente perse sua madre, alla quale era straordinariamente legato, e qualche tempo dopo sua sorella Etta, e la nipotina figlia di Etta. Le telefonate si fecero più frequenti. Nel 2009 io diventai consigliere provinciale a Napoli. Coi i suoi voti, naturalmente.
Il 13 dicembre del 2009 dopo una manifestazione in piazza del Duomo a Milano il presidente subì un grave attentato. [quote]A Milano quando lo aggredirono con la statuetta svenni [/quote]Girò la testa in tempo e si salvò la vita. Ero presente: svenni. Mi soccorse Maria Tripodi, del giovanile di Forza Italia: «Franci, è vivo!». Poi lo vidi fare un gesto di saluto dall’auto con la faccia insanguinata. Mi precipitai in ospedale ma non volevano farmi entrare.
Chi ero? Finalmente entrai e conobbi Marina. Ha le qualità e la grinta del padre. Ma è anche tenera, delicata, dolce perché è donna e madre. [quote]Il mio sogno era che la figlia Marina scendesse in politica[/quote]Sognavo che scendesse in campo, ma B. le vuole troppo bene per esporla a subire quel che ha dovuto subire lui. La vista di padre e figlia così vicini ee così innamorati l’uno all’altra mi commosse. Io mi sentii imbarazzata nel presentarmi. Ma lei fu aperta e gentilissima. Così non ci fu una notte in cui non sia rimasta al San Raffaele al fianco del presidente.
Gli dicevo: “Tra noi ci sono quasi cinquant’anni di differenza, è vero, potrei esserti figlia e perfino nipote. [quote]Io sono innamorata di te. Lui: “Ragiona, io ti stimo ma non posso darti un futuro”[/quote]Lo so che hai tantissime aspiranti fidanzate. Ma io sono innamorata di te e, prima o poi, tu ti innamorerai di me”. Lui resisteva: “Devi ragionare. Io ti stimo e ti voglio bene ma non posso darti un futuro…”. Questa storia del futuro continuò a ripetermela per molto tempo ed io ci soffrivo moltissimo.
“Io ti voglio molto bene”, mi diceva “ma mezzo secolo di differenza tra noi è insuperabile”. Io continuavo a tenere a distanza le tante signore e signorine che stravedeano per lui e gli facevano la corte. [quote]Sono gelosissima. E lui è come il mile per le mosche ma poi ho sbarazzato tutta la “concorrenza”[/quote]Ma lui era come il miele per le mosche: leader politico, capo del governo, presidente del Milan, numero uno della televisione e del cinema, simpatico, ironico, affascinante e con una fama indiscussa di grande amatore. Ce n’era abbastanza per disperarmi. Ma io tenni ugualmente duro: «Si accorgerà che nessun’altra può arrivare ad amarlo come lo amo io».
Furono anni molto difficili. Partecipai anch’io a qualcuna delle famose “cene eleganti”, che in effetti tali erano. Ho conosciuto quasi tutte le donne che assediavano il presidente e sono stata gelosissima di tutte. [quote]Da Noemi Letizia ai suoi 18 anni c’ero anch’io[/quote]Come lo sono ancora, anche di una commessa che vuole farsi una foto con lui. In questo sono peggio di una siciliana. Noemi Letizia? E’ vero che siamo amiche. Alla festa dei suoi 18 anni c’ero anch’io.
Dopo la serata il presidente mi disse: «Vedrai che riusciranno a dire qualcosa di negativo sulla mia partecipazione al compleanno di questa Noemi. Avevo promesso di esserci e come al solito ho mantenuto la parola. [quote]Dalla D’Urso l’ufficializzazione: Con lei ci sto bene[/quote]Hai visto anche tu quanta gente c’era e quante foto ho fatto. Ma mi sa che ci monteranno sopra una storia…».
Finalmente, il 16 dicembre 2012, nella trasmissione di Barbara D’Urso, lui, rispondendo a una inaspettata domanda di Barbara, si lasciò andare e dichiarò pubblicamente: «Francesca è la mia fidanzata, con lei mi sento bene…». Finalmente. Era ora.
Da allora sono sempre al suo fianco, lo inseguo, lo assedio, lo controllo, non lo lascio mai. Adesso stiamo cercando una casa a Roma. Perché Palazzo Grazioli è di una tristezza unica con la finestra del suo studio che guarda un vicolo e lo costringe a tenere la luce sempre accesa.
Ma lui da dov’è non si vuole muovere perché Grazioli funziona: è casa, è ufficio, è partito, è tutto. Comunque io non dispero. Vorrei per noi una casa normale, luminosa, moderna e soprattutto separata dall’ufficio.
Com’è lui in privato? E’ tenerissimo, divertente, ironico, instancabile. I film che amo io, quelli romantici, i supereroi, i cartoni non gli piacciono. Non ricordo un film visto con lui. Legge, scrive, studia, pensa, telefona continuamente. Liti? Spesso e su ogni argomento: anche su come collocare un soprammobile su una mensola. Mi dà sempre torto. Ma pochi minuti dopo….”