Quattro agenti – tre uomini e una donna – della polizia locale di Tecalitlan (Messico, nel sud dello stato di Jalisco) sono stati arrestati in collegamento con la scomparsa, il 31 gennaio, dei tre italiani Raffaele Russo, suo figlio Antonio e il nipote Vincenzo Cimmino.
Lo ha detto il procuratore statale Raul Sanchez Jimenez, citato dai media messicani. I quattro, di cui sono stati dati solo i nomi propri – Emilio, Salvador, Fernando e Lilia – sono accusati di “sparizione forzata”, riferiscono i giornali. Il giudice ha precisato che i tre italiani non sono stati localizzati, ma che nessuno di loro è mai passato per il carcere locale: sarebbero stati invece consegnati a un gruppo criminale locale e poi trasferiti verso sud.
Due giorni fa, fonti dell’Ufficio del procuratore di Jalisco avevano riferito che Raffaele Russo si sarebbe registrato con un falso nome in alcuni hotel e che si faceva chiamare generalmente Carlos Lopez. Secondo le autorità messicane, Russo, 60 anni, aveva precedenti in Italia per frode e si dedicava alla vendita di generatori elettrici apparentemente tedeschi ma che in realtà erano stati fabbricati in Cina.
Secondo il quotidiano Publimetro, che cita fonti vicine alle indagini, alla fine del 2017, Russo era impegnato in affari nello stato di Michoacan e cinque giorni prima della sua scomparsa si era riunito con il figlio Antonio e il nipote Vincenzo Cimmino in un hotel di Ciudad Guzman. Questi ultimi due sarebbero arrivati in Messico insieme ad altri sei italiani. Russo, sempre secondo quanto scrive il quotidiano, era stato arrestato nel 2015 per frode e corruzione nello stato messicano di Campeche.