Due papi in piazza San Pietro per proclamare santi altri due papi entrati nella storia del Cristianesimo. Davanti a circa un milione di persone accorse da tutto il mondo per l’evento storico, papa Francesco con accanto il papa emerito Benedetto XVI al termine del processo di canonizzazione ha proclamato san Giovanni Paolo II, al secolo Karol Wojtyła, di Wadowice (Polonia) e san Giovanni XXIII, nato a Sotto il Monte (Bergamo) con il nome di Angelo Giuseppe Roncalli. Il primo definito il papa “missionario” il secondo padre del “concilio”
I reliquiari di Roncalli e Wojtyla sono stati collocati su un palchetto accanto all’altare. Quello di Roncalli, che contiene un frammento della pelle, è stato portato da don Ezio Bolis, mentre quello di Wojtyla, una ampolla di sangue, è stato portato da Floribeth Mora Diaz, la donna malata e miracolata dal papa polacco.
I due papi santi sono stati “uomini coraggiosi”, non hanno avuto “paura” di chinarsi sulla “sofferenza” e sulle “piaghe” dell’uomo, e in questo modo “hanno dato testimonianza alla Chiesa e al mondo della bontà di Dio, della sua misericordia”, ha detto Francesco nella omelia della canonizzazione di Roncalli e Wojtyla.
I nuovi santi, ha detto il Papa, “sono stati sacerdoti, vescovi e papi del XX secolo. Ne hanno conosciuto le tragedie, ma non ne sono stati sopraffatti. Più forte, in loro, era Dio; più forte era la fede in Gesù Cristo Redentore dell’uomo e Signore della storia; più forte in loro era la misericordia di Dio”.
[toggle title_open=”Chiudi” title_closed=”Leggi l’omelia di Papa Francesco” hide=”yes” border=”yes” style=”default” excerpt_length=”0″ read_more_text=”Read More” read_less_text=”Read Less” include_excerpt_html=”no”]Al centro di questa domenica che conclude l’Ottava di Pasqua, e che san Giovanni Paolo II ha voluto intitolare alla Divina Misericordia, ci sono le piaghe gloriose di Gesù risorto.
Egli le mostrò già la prima volta in cui apparve agli Apostoli, la sera stessa del giorno dopo il sabato, il giorno della Risurrezione. Ma quella sera, come abbiamo sentito, non c’era Tommaso; e quando gli altri gli dissero che avevano visto il Signore, lui rispose che se non avesse visto e toccato quelle ferite, non avrebbe creduto. Otto giorni dopo, Gesù apparve di nuovo nel cenacolo, in mezzo ai discepoli: c’era anche Tommaso; si rivolse a lui e lo invitò a toccare le sue piaghe. E allora quell’uomo sincero, quell’uomo abituato a verificare di persona, si inginocchiò davanti a Gesù e disse: «Mio Signore e mio Dio!» (Gv 20,28).
Le piaghe di Gesù sono scandalo per la fede, ma sono anche la verifica della fede. Per questo nel corpo di Cristo risorto le piaghe non scompaiono, rimangono, perché quelle piaghe sono il segno permanente dell’amore di Dio per noi, e sono indispensabili per credere in Dio. Non per credere che Dio esiste, ma per credere che Dio è amore, misericordia, fedeltà. San Pietro, riprendendo Isaia, scrive ai cristiani: «Dalle sue piaghe siete stati guariti» (1 Pt 2,24; cfr Is 53,5).
San Giovanni XXIII e san Giovanni Paolo II hanno avuto il coraggio di guardare le ferite di Gesù, di toccare le sue mani piagate e il suo costato trafitto. Non hanno avuto vergogna della carne di Cristo, non si sono scandalizzati di Lui, della sua croce; non hanno avuto vergogna della carne del fratello (cfr Is 58,7), perché in ogni persona sofferente vedevano Gesù. Sono stati due uomini coraggiosi, pieni della parresia dello Spirito Santo, e hanno dato testimonianza alla Chiesa e al mondo della bontà di Dio, della sua misericordia.
Sono stati sacerdoti, e vescovi e papi del XX secolo. Ne hanno conosciuto le tragedie, ma non ne sono stati sopraffatti. Più forte, in loro, era Dio; più forte era la fede in Gesù Cristo Redentore dell’uomo e Signore della storia; più forte in loro era la misericordia di Dio che si manifesta in queste cinque piaghe; più forte era la vicinanza materna di Maria.
In questi due uomini contemplativi delle piaghe di Cristo e testimoni della sua misericordia dimorava «una speranza viva», insieme con una «gioia indicibile e gloriosa» (1 Pt 1,3.8). La speranza e la gioia che Cristo risorto dà ai suoi discepoli, e delle quali nulla e nessuno può privarli. La speranza e la gioia pasquali, passate attraverso il crogiolo della spogliazione, dello svuotamento, della vicinanza ai peccatori fino all’estremo, fino alla nausea per l’amarezza di quel calice. Queste sono la speranza e la gioia che i due santi Papi hanno ricevuto in dono dal Signore risorto e a loro volta hanno donato in abbondanza al Popolo di Dio, ricevendone eterna riconoscenza.
Questa speranza e questa gioia si respiravano nella prima comunità dei credenti, a Gerusalemme, di cui parlano gli Atti degli Apostoli (cfr 2,42-47), che abbiamo ascoltato nella seconda Lettura. E’ una comunità in cui si vive l’essenziale del Vangelo, vale a dire l’amore, la misericordia, in semplicità e fraternità.
E questa è l’immagine di Chiesa che il Concilio Vaticano II ha tenuto davanti a sé.Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II hanno collaborato con lo Spirito Santo per ripristinare e aggiornare la Chiesa secondo la sua fisionomia originaria, la fisionomia che le hanno dato i santi nel corso dei secoli. Non dimentichiamo che sono proprio i santi che mandano avanti e fanno crescere la Chiesa. Nella convocazione del Concilio san Giovanni XXIII ha dimostrato una delicata docilità allo Spirito Santo, si è lasciato condurre ed è stato per la Chiesa un pastore, una guida-guidata, guidata dallo Spirito. Questo è stato il suo grande servizio alla Chiesa; per questo a me piace pensarlo come il Papa della docilità allo Spirito Santo.
In questo servizio al Popolo di Dio, san Giovanni Paolo II è stato il Papa della famiglia. Così lui stesso, una volta, disse che avrebbe voluto essere ricordato, come il Papa della famiglia. Mi piace sottolinearlo mentre stiamo vivendo un cammino sinodale sulla famiglia e con le famiglie, un cammino che sicuramente dal Cielo lui accompagna e sostiene.
Che entrambi questi nuovi santi Pastori del Popolo di Dio intercedano per la Chiesa affinché, durante questi due anni di cammino sinodale, sia docile allo Spirito Santo nel servizio pastorale alla famiglia. Che entrambi ci insegnino a non scandalizzarci delle piaghe di Cristo, ad addentrarci nel mistero della misericordia divina che sempre spera, sempre perdona, perché sempre ama.[/toggle]
Poco prima di dare inizio al rito Francesco si è recato a salutare Benedetto XVI e i due papi si sono abbracciati. Papa Ratzinger
sorrideva. Papa Francesco si è recato a salutare il predecessore subito dopo aver baciato l’altare. Benedetto XVI, con indosso la stola liturgica bianca e la mitria bianca, è stato accolto da applausi al suo ingresso sul sagrato di San Pietro. Il Papa emerito Benedetto XVI si è seduto insieme ai cardinali che concelebreranno la messa di canonizzazione di Roncalli e Wojtyla, a sinistra dell’altare maggiore sul sagrato della Basilica. Ratzinger è seduto al primo posto, vicino all’ingresso di San Pietro.
Un centinaio le delegazioni di Paesi di tutto il mondo e di organizzazioni internazionali, con 34 tra capi di Stato e di governo.
Il premier Matteo Renzi è arrivato con la moglie sul sagrato della basilica di San Pietro accompagnato dall’arcivescovo tedesco Georg Gaenswein, prefetto della Casa Pontificia. Anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, accompagnato dalla moglie Clio, ha preso posto. Napolitano, accolto dal prefetto della casa pontificia mons.Georg Gaenswein, ha salutato con una calorosa stretta di mano il papa emerito Joseph Ratzinger. Tra i primi ad arrivare, il presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy, con la moglie.
Il sindaco di Roma Ignazio Marino è arrivato in piazza San Pietro in bicicletta. Insieme a lui in piazza la moglie. Papa Francesco, partendo sulla “papamobile” per fare il giro di Piazza San Pietro tra i fedeli, al termine della cerimonia di canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, ha sostato per far salire sull’auto Marino che ha ringraziato dell’organizzazione dell’evento scambiando con lui una cordiale stretta di mano. Marino è stato ringraziato dal Papa anche durante il Regina Caeli al termine della messa.
Molti i pellegrini che hanno dormito nei sacchi a pelo vicino ai varchi, aperti prima dell’alba. Numerosissimi anche i fedeli che hanno partecipato alle veglie di preghiera nelle chiese di Roma, la “notte bianca” della capitale, tra canti, preghiere, adorazione eucaristica e confessioni. I gruppi più numerosi, quelli dei polacchi giunti per la canonizzazione di papa Wojtyla e i bergamaschi per quella di Roncalli. Ma le bandiere che sventolano hanno i colori di tutte le nazioni, i pellegrini parlano tutte le lingue.
Sono circa 500 mila i presenti nella zona di Piazza San Pietro e Via della Conciliazione per la messa di canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. In totale nella città, contando la zona di San Pietro e le aree con maxi-schermi, i presenti sono 800 mila. Lo riferisce la sala stampa vaticana.
La lunga notte di attesa ha provocato comunque alcuni malori: nelle ultime ore il presidio della Croce Rossa alla destra del colonnato ha accolto oltre trenta persone, con qualche paziente trasferito anche al vicino ospedale Santo Spirito. Per quanti non sono riusciti ad entrare in Via della Conciliazione e Piazza San Pietro sono stati piazzati numerosi maxi-schermi in vari punti della città.
Dispiegati per gli aspetti logistici e della sicurezza 26 mila volontari e diecimila uomini delle forze dell’ordine, 16 i presidi medici, 77 le ambulanze. La metro a Roma è rimasta aperta tutta la notte. L’afflusso dei fedeli è stato rigidamente regolamentato, e quindi, pur massiccio, è avvenuto ordinatamente. Il dispositivo di sicurezza ha funzionato alla perfezione, tanto da meritarsi i ringraziamenti pubblici del Pontefice. “Papa Francesco ha ringraziato le Forze dell’Ordine! E’ un grande onore. Viva le donne e gli uomini in divisa che ci proteggono. #vivalitalia”: è quanto scrive, in un tweet, il ministro dell’Interno Angelino Alfano.