Uno dei principali boss del traffico di esseri umani in Libia, Salah El-Maskhout, sarebbe (condizionale d’obbligo) stato ucciso ieri a Tripoli insieme a 8 suoi miliziani. Lo riferiscono i media locali, tra cui il sito Libya Herald. L’uomo, che aveva base dei suoi traffici a Zuwara, era un ex ufficiale dell’esercito libico nell’era Gheddafi, ed è stato ucciso da uomini armati “professionisti”.
Salah El-Maskhout non è il solo “boss” a contendersi il traffico di esseri umani. Sarebbero almeno una trentina, divisi per le fazioni libiche, i capi che controllano le deportazioni dei migranti nella sola Libia. I Servizi segreti di tutti il mondo conoscono i loro nomi e cognomi e indirizzi, anche secondari, dove poterli andarli a prelevare. Ma inspiegabilmente, istituzioni “più alte in grado” non danno l’ordine di eseguire mandati di cattura. Perché? Presto ipotizzato.
Su migliaia di migranti deportati queste bande guadagnano cifre stratosferiche, superiori ai soldi che si fanno col petrolio. Se si calcola, banalmente, 500mila migranti per 5mila euro che di solito i nazisti del terzo millennio, prendono per ciascun profugo la cifra si aggira attorno ai 2 miliardi e mezzo di euro. Una montagna di soldi. Ma non si può fare traffici internazionali senza pagare dazio.
Andranno tutti a loro i proventi di queste cifre oppure vengono ripartite tra fiancheggiatori anche istituzionali translibici? Si teme un giro di corruzione da far tremare i polsi. I trafficanti, coi loro complici occulti gonfiano le tasche e poco importa se la “merce”, cioè i profughi, giungono a destinazione…
Non può essere escluso che Salah El-Maskhout sia stato ucciso perché si sia rifiutato di dividere i proventi dei traffici, o pagare tangenti a personaggi ultra corrotti europei che consentono, con il loro benestare queste deportazioni disumane. Evidentemente il “gioco conviene”, eccome se conviene. Chi non ci sta viene rintracciato ed eliminato. Il capo trafficante si è rifiutato di dividersi i proventi del traffico coi complici europei e hanno dato l’ordine di ucciderlo.