MILANO – La Guardia di Finanza di Milano ha sequestrato l’abitazione milanese di Fabrizio Corona in Via De Cristoforis per un valore stimato di 2,5 milioni di euro. Il provvedimento disposto dalla sezione Misure di prevenzione del tribunale di Milano ha accolto la richiesta del procuratore aggiunto Ilda Boccassini e dal pm Paolo Storari, i quali hanno appena chiuso l’inchiesta nei confronti del fotografo per intestazione fittizia di beni, frode fiscale e violazione delle norme patrimoniali in relazione alle misure di prevenzione. Al momento Corona è in carcere a San Vittore.
Secondo quando emerge dal provvedimento, Corona per l’acquisto dell’immobile si sarebbe avvalso di presunti prestanomi. Nell’inchiesta appare il nome del calabrese Vincenzo Gallo, parente di Domenico Gallo, arrestato la scorsa settimana nell’ambito delle inchieste di Roma e Genova per presunte tangenti sulle Grandi Opere. Leggi
Corona è tornato in carcere lo scorso 10 ottobre su richiesta dalla Dda di Milano. Insieme a lui fu arrestata Francesca Persi, amministratrice di Atena srl. L’accusa contesta ai due i reati, a vario titolo, di intestazione fittizia di beni aggravata, solo per lui, dall’avere commesso il fatto mentre era in affidamento ai servizi sociali, beneficio concesso nell’ambito della condanna rimediata da Corona per l’estorsione al calciatore Trezeguet.
Pochi giorni prima del nuovo ordine di arresto, a Corona furono sequestrati 1,7 milioni di euro in contanti ritrovati nascosti nel controsoffitto di un immobile di Francesca Persi e che secondo l’accusa sono quattrini di riconducibili a Corona, che li avrebbe incassati in nero facendo serate nei locali. Il denaro non sarebbe stato dichiarato al fisco. La difesa dell’ex paparazzo ha rilevato che su quella somma, le imposte devono essere corrisposte l’anno successivo all’incasso. Gli inquirenti ipotizzano che il fotografo dei vip avrebbe anche un conto all’estero.
La reazione di Don Mazzi: “Corona caro, prima di tutto non venire da me perché sono troppo buono e mi hai fregato”, ha scritto in una nota Don Mazzi, fondatore di Exodus, aggiungendo di non essere pentito per averlo accolto ma di “essere arrabbiato perché mi pare di essere stato imbrogliato”.