Osteggiato da quasi tutti i poteri costituiti, inviso ai suoi colleghi in magistratura, condannato a morte dalla ‘ndrangheta che da almeno 30 anni lo vuole al cimitero, Nicola Gratteri, procuratore aggiunto di Reggio Calabria continua a combattere insieme ai suoi. I suoi, sono i migliaia di giovani e meno giovani che hanno fatto di lui, un’icona antimafia. Una icona vera non plastificata come le madonnine di Polsi…
In una intervista al Tg3 Calabria, ai microfoni del cronista Riccardo Giacoia, Nicola Gratteri ripercorre un po’ la sua storia e traccia il quadro desolante entro cui è costretto a muoversi. Racconta, seppure in meno di 3 minuti, il suo “calvario” di uomo “scomodo”. Un magistrato scomodo e pericoloso. Forse “rompiscatole”. Probabilmente, per il vastissimo consenso acquisito nell’opinione pubblica. Più scomodo, è il caso di dire, più per certi “poteri” che per la ‘Ndrangheta.
“Se avessi parlato di meno – dice – avrei fatto molta più carriera”. Ma nella dura lotta alla mafia e alla ‘ndrangheta non puoi invocare meno omertà e poi ci si ritrova il “maestro” che tace per tutelare il proprio orticello…
Nel corso dell’intervista svela anche alcuni retroscena sulla sua possibile nomina a procuratore capo delle procure di Catanzaro e Reggio Calabria. Ha fatto domanda a Reggio, ma poi il Csm ha scelto Cafiero de Raho. “Un bravissimo procuratore – afferma -, ma io conosco la ‘ndrangheta meglio di lui. Non voglio polemizzare, siamo amici, ma forse potevo fare io il procuratore”.
E’ da trent’anni in trincea contro boss, picciotti e mezze tacche di tutto il mondo. Un uomo con le palle, che vive da decenni sottoscorta. In America è stimato da tutti i suoi omologhi. Obama gli avrebbe certamente dato un ruolo prestigioso all’interno dell’amministrazione della Giustizia made in Usa.
Quì in Italia, il premier Matteo Renzi nel febbraio 2014 lo aveva proposto ministro della Giustizia. Ci fu una telefonata tra i due. D’accordo. Tutto pronto. Gratteri entra ufficialmente nella lista dei ministri. Il presidente incaricato salì al Quirinale con quella lista. Con Giorgio Napolitano, capo dello Stato ci fu una discussione (una vera lite, dicono i bene informati) di ore sul numero uno dell’Antimafia in Italia e nel mondo. Apriti cielo. Il nome di Nicola Gratteri dava “fastidio” a certi ambienti, anche a certe correnti dell’Anm che fecero rosso il centralino del Colle, tutti preoccupati di vedersi piazzare a via Via Arenula “un uomo libero”, ingestibile. Spiega al proposito Gratteri: “Ci fu molta gente che immagino che si sia mossa per dire che Gratteri non andava bene. Troppo pericoloso”.
Renzi e Napolitano, nelle tre ore concitate sono “costretti” dalle pressioni optare per il più “magnanime” Andrea Orlando, ottima persona, ma che di Giustizia capiva al tempo come molti deputati capiscono tutt’oggi di politica.
Spuntò una foto, da cui Secondo Piano News riuscì a scoprire la “toppa” messa dai detrattori di Gratteri per giustificare che non poteva fare il ministro della Giustizia: il calabrese era un “Magistrato in servizio”. E’ questa “giustificazone”, Renzi, la appuntò sul suo taccuino. In realtà fu una giustificazione mistificatrice perché negli ultimi trent’anni vi sono stati ministri Guardasigilli e sottosegretari che al momento della nomina erano perfettamente in servizio in diverse procure italiane.
GRATTERI, UN “MAGISTRATO IN SERVIZO”. LA TOPPA RIFILATA A RENZI DA NAPOLITANO E CO.
Napolitano, che il Csm lo presiedeva, dopo ore di “braccio di ferro”a davanti a Renzi aprì le braccia. “Mi dispiace”. E così Nicola Gratteri fu silurato a causa dei veti che in alcuni casi rimbombano come gli spari degli agguati mafiosi. Con tanti complimenti per un “soldato” che può restare in trincea contro la mafia, ma non gli è concesso oltrepassare la linea di comando.
Nella breve intervista al giornalista Rai, il magistrato racconta che non ha fatto il ministro perché, dice, “sono un rompiscatole”. Uno che dice “quello che pensa”, al contrario di tanti carrieristi che seguono l’onda omologante del “judge-correct”. “Potrei stare zitto – spiega il magistato – e se parlassi di meno sicuramente farei più carriera, ma non c’è cosa più bella e appagante che dire ciò che si pensa”.
Però – ha aggiunto Nicola Gratteri – questo costa perché ti crea nemici ed antipatie e, quindi, se possono te la fanno pagare e ti fanno muro quando, ad esempio, concorri a procuratore della Repubblica o come ministro”.
Ora Nicola Gratteri chiede gli venga riconosciuta finalmente la nomina a procuratore: “Penso che la troverò, perché conviene. Perché se non mi danno un posto da procuratore dovranno vedersela con queste migliaia di persone che mi vogliono bene e che questa volta non lo accetteranno”. Ergo, la Giustizia, per funzionare bene ha bisogno di una profonda pulizia…All’interno del sistema giudiziario. O no!, Matteo Renzi.