E’ alta tensione a Roma per comporre le alleanze elettorali del centrosinistra in Calabria in vista delle elezioni regionali del prossimo 23 novembre. La lunga e convulsa riunione del Pd non ha portato ieri i frutti sperati dai vertici romani che fanno capo a Matteo Renzi, i quali puntano “per necessità” a riproporre in Calabria e altrove il modello “larghe intese” sperimentato “con successo” al governo nazionale.
Le resistenze maggiori sono del candidato governatore del centrosinistra, Mario Oliverio, (ma non solo) che non vuole sentir parlare di imbarcarsi come alleati Ncd e Udc, protagonisti, a suo avviso “della scellerata gestione del centrodestra di Scopelliti”.
Un pretesto che appare tuttavia infondato. Un falso problema. In passato non sono stati pochi i casi in cui esponenti politici di spicco abbiano consumato esperienze prima con il centrodestra e poi col centrosinistra e viceversa.
Per ricordare due soli esempi, Saverio Zavettieri, politico di antica stazza e capo dei Socialisti uniti, si è schierato alle ultime primarie con Mario Oliverio (Pd), ma dal 2000 al 2005 era stato potente assessore regionale della “fallimentare gestione Chiaravalloti” nonché collega di giunta di Giuseppe Scopelliti. Il segretario nazionale socialista, alle elezioni del 2005 con la lista Nuovo Psi si schierò contro Loiero e a sostegno di Sergio Abramo candidato del centrodestra, mentre nel 2010 presentò la lista Socialisti uniti sempre a sostegno di Scopelliti.
L’altro esempio è di Enzo Sculco, ex Margherita vicinissimo a Nicola Adamo, che conquistò un seggio a palazzo Campanella nell’era Loiero. Nel 2010 partecipò alla formazione della lista Scopelliti a Crotone nella cui provincia racimolò il 22,5% facendo eleggere Francesco Pugliano, nominato poi assessore della “fallimentare giunta Scopelliti”.
La verità dunque sembra essere un’altra. Oliverio, per le vistose divisioni nel centrodestra, è convinto di portarsi a casa la vittoria da solo. Ossia, senza nuove alleanze che possano sottrargli spazi e posizioni di potere. La questione, scremata dalle alchimie politichesi, è tutta quì.
Va ricordato pure che il Pd di cui fa parte Oliverio, molto prima dell’avvento di Renzi, alle regionali del 2010 – col centrodestra unito – ha fatto di tutto per stringere un’alleanza con l’Udc.
All’epoca ci furono trattative serrate tra democrat locali e romani e Udc per candidare a presidente della Regione Roberto Occhiuto, oggi in Forza Italia. Poi Loiero, intuito che era un’operazione per isolarlo, puntò i piedi per la ricandidatura e ottenne le primarie da cui uscì vincitore.
L’Udc, sfumata l’occasione di avere un suo candidato alla presidenza supportato dal centrosinistra, si alleò con Scopelliti dalla cui vittoria ottenne, in base ad accordi pre-elettorali, la presidenza del consiglio regionale, due assessorati e diverse postazioni di sottogoverno.
L’ex presidente della provincia di Cosenza, che la politica la mastica da quando aveva i calzoni corti, sa bene che in caso di vittoria un’alleanza con Ncd e Udc ridurrebro margini di manovra e “autonomia” e, soprattutto, assottiglia il numero di poltrone da distribuire.
Ma a Roma il problema è un altro. Molto più serio di quanto possa apparire. Dopo l’aut aut di Berlusconi al Nuovo centrodestra, Alfano, d’intesa con Renzi, cerca di unire le forze per costituire gruppi unici tra il suo partito, l’Udc e i Popolari per l’Italia con l’obiettivo di rendere salda la maggioranza al Senato e ridurre al minimo il rischio di transumanza politica.
I numeri a palazzo Madama oggi come nell’era Prodi contano eccome. Il senatore Tonino Gentile (ma pure parte dell’Udc) più di tutti vuole un accordo in Calabria per non rimanere isolato dopo la traumatica rottura con i forzisti calabresi. Il parlamentare Ncd fa pesare la sua forza contrattuale con quattro senatori che potrebbero alla prima occasione utile indebolire se non affossare il governo.
Da quì le trattative a oltranza per convincere Oliverio (Magorno sembrerebbe già convinto) a replicare l’esperienza romana e mettersi alla testa di una “macedonia” inedita formata da Pd-Udc-Ncd-Sel-Idv e altre sigle che vanno dai riformisti all’estrema sinistra. Bisogna capire i tempi di questo estenuante braccio di ferro. Se si intravedono segni di una possibile frattura, Roma potrebbe chiudere “d’ufficio” l’accordo con Ncd e Udc.
Gentile per adesso mantiene il coltello dalla parte del manico. E non è escluso che il senatore non la spunti portando a casa un duplice risultato: la poltrona di sottosegretario “congelata” dopo la vicenda “Oragate” (che fa parte delle trattative romane) e l’alleanza in Calabria con il Pd. In caso di vittoria, un posto in giunta per il fratello Pino dovrebbe essere assicurato. Intanto, sui “ricatti” che il senatore starebbe facendo al governo ribatte: “Fantasie. Non ho ricattato nessuno”.