“Stasera porto al gabinetto un accordo di tregua in Libano” con Hezbollah. “La durata di questo accordo dipenderà da ciò che succederà sul terreno”, ha annunciato Benjamin Netanyahu in un discorso alla nazione.
“Con una comprensione totale tra Israele e gli Stati Uniti, manteniamo la libertà militare completa” in Libano, ha detto Netanyahu. Quanto durerà il cessate il fuoco in Libano “dipende da cosa succederà sul terreno: se Hezbollah si riarmerà, noi attaccheremo”, ha aggiunto il premier, sottolineando tuttavia che “Hezbollah non è più quello di prima, lo abbiamo riportato indietro di decenni”.
“Se Hezbollah viola l’accordo e tenterà di armarsi, colpiremo. Se tenterà di ricostruire infrastrutture terroristiche vicino al confine, colpiremo. Se lancerà razzi, se scaverà tunnel, se porterà un camion con missili, colpiremo”, ha detto il premier israeliano. “Perché fare una tregua adesso? Ci sono tre motivi: concentrarsi sulla minaccia iraniana; rinnovamento delle forze e rifornimento completo. E vi dico apertamente, ci sono stati grossi ritardi nella fornitura di armi e munizioni; terzo motivo, separare i fronti e isolare Hamas”, ha spiegato Netanyahu.
Il primo ministro libanese Najib Mikati ha chiesto che il cessate il fuoco in Libano tra Israele e Hezbollah venga “messo in atto immediatamente”.
Joe Biden terrà un discorso sulla tregua in Libano tra circa un’ora, alle 14.30 ora locale, le 20.30 in Italia, riferisce la Casa Bianca.
Gli Stati Uniti stanno discutendo con “i partner e le agenzie alleate se avere un ruolo di monitoraggio” sulla tregua tra Israele ed Hezbollah in Libano. Lo ha detto il portavoce del Pentagono, il generale Pat Ryder, in un briefing con la stampa. “Dobbiamo capire quale ruolo avrà il dipartimento della Difesa”, ha detto ancora.
Secondo la tv libanese al-Jadid anche il primo ministro libanese Najib Mikati annuncerà l’accordo di cessate il fuoco, esprimerà le sue osservazioni e approverà pubblicamente l’intesa.
Secondo una fonte del governo libanese, la tregua tra Hezbollah e Israele entrerà in vigore domani mattina alle 10 ora locale, un’ora in meno in Italia. Lo riferiscono i media libanesi.
Israele vuole “vendicarsi sui libanesi” prima del cessate il fuoco, ha detto un deputato di Hezbollah a poche ore dall’annuncio di una tregua in Libano, mentre l’Idf continua a bombardare Beirut.
I colloqui per garantire un cessate il fuoco in Libano “sono nelle fasi finali”. Lo ha sottolineato il segretario di Stato Usa Antony Blinken in conferenza stampa a conclusione del G7 Esteri a Fiuggi, aggiungendo che un accordo per una tregua lì aiuterà a raggiungere la fine della guerra anche a Gaza.
Mentre le amministrazioni delle cittadine del nord di Israele chiedono il proseguimento dei combattimenti dell’Idf contro Hezbollah ritenendo che la zona di confine con il Libano non sia stata completamente ripulita dalle infrastrutture terroristiche dell’organizzazione militare sciita, il che mina la sicurezza e il ritorno degli oltre 60mila sfollati israeliani. Intanto, temendo un’intensificazione degli attacchi da parte di Hezbollah in queste ore, le scuole del nord di Israele rimarranno chiuse anche domani e l’Idf ha emesso restrizioni nell’intera area.
Gli attacchi israeliani hanno preso di mira oggi il centro di Beirut, poco dopo gli appelli da parte delle forze armate israeliane ad evacuare per la prima volta quattro aree della capitale libanese. Lo ha riferito l’agenzia ufficiale Ani. Secondo i testimoni, le richieste di evacuazione hanno causato il panico nelle zone affollate della città, con gli automobilisti che suonavano il clacson per fuggire il più rapidamente possibile dai quartieri interessati dai raid dello Stato ebraico. Secondo il ministero della Sanità libanese, nel primo attacco sulla capitale libanese avvenuto nel primo pomeriggio nel distretto di Noueiri sono morte sette persone, mentre i feriti sono almeno 37.
Dieci attacchi israeliani in simultanea hanno colpito Beirut, dopo l’ordine di evacuazione dell’Idf, le forze armate israeliane, ai civili in una ventina di zone della periferia sud della capitale. Lo riportano i media internazionali. L’agenzia di stampa nazionale libanese ha riferito che un precedente attacco israeliano a Beirut “ha distrutto un edificio di quattro piani che ospitava sfollati”.
Gli ultimi attacchi israeliani nel quartiere di Dahyeh a Beirut sono stati “i più violenti e intensi dall’inizio della guerra”, riferisce il media libanese al Mayadeen, vicino alla resistenza libanese. Secondo al Mayadeen gli attacchi hanno causato gravi danni nell’area meridionale della capitale libanese, a poche ore dall’annuncio della tregua.
L’accordo di tregua che Israele dovrebbe accettare oggi prevede un cessate il fuoco iniziale di due mesi durante i quali le forze israeliane si ritirerebbero dal Libano e Hezbollah porrebbe fine alla sua presenza armata a sud del fiume Litani.
“Sosteniamo i negoziati in corso per un cessate il fuoco immediato tra Israele e Hezbollah e la piena attuazione della risoluzione 1701 (2006) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. È il momento di concludere una soluzione diplomatica e accogliamo con favore gli sforzi compiuti in tal senso”, scrivono i ministri degli Esteri del G7 nel comunicato finale del vertice di Fuggi sottolineando il “ruolo svolto dalle Forze armate libanesi e dall’Unifil la cui posizione dovrebbe essere rafforzata”. I ministri del G7 esprimono poi “profonda preoccupazione per i recenti attacchi” alla missione Onu in Libano: “Tutte le parti rispettino i loro obblighi per garantire la loro sicurezza”.
“Nell’esercizio del suo diritto di difendersi, Israele deve rispettare pienamente i suoi obblighi ai sensi del diritto internazionale in tutte le circostanze, incluso il diritto internazionale umanitario. Ribadiamo il nostro impegno nei confronti del diritto internazionale umanitario e rispetteremo i nostri rispettivi obblighi. Sottolineiamo che non può esserci equivalenza tra il gruppo terroristico Hamas e lo Stato di Israele”. Lo si legge nella dichiarazione finale del G7 Esteri di Fiuggi in un chiaro riferimento alle discussioni chieste dall’Italia in merito ai mandati di arresto Cpi contro Netanyahu, Gallant e un capo di Hamas.
L’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell parlando con i media a margine del G7 Esteri di Fiuggi, questa mattina aveva incalzato il governo israeliano: “Dobbiamo raggiungere l’accordo per il cessate il fuoco oggi: non ci sono più scuse per rinviare. Altrimenti il Libano crollerà. Spero che oggi il governo Netanyahu approverà l’accordo di Stati Uniti e Francia. Basta con ulteriori richieste”.
“Dobbiamo fermare il blocco degli aiuti umanitari a Gaza. Gli aiuti sono totalmente impediti dall’esercito israeliano, dobbiamo dire la verità, diamo un nome alle cose. Non entrano più aiuti umanitari nel nord di Gaza, per questo ho detto ieri ai miei colleghi, agli arabi e agli europei se sia utile dire ancora belle parole. Dobbiamo agire. Perché non mettiamo sul tavolo del Consiglio sicurezza Onu sugli aiuti umanitari per aiutare la popolazione? La soluzione due Stati arriverà dopo, qui parliamo di giorni e settimane. La fame viene utilizzata come arma contro le persone completamente abbandonate” ha aggiunto Borrell.
La Protezione civile della Striscia di Gaza gestita da Hamas ha reso noto questa mattina che la notte scorsa 11 persone sono state uccise in attacchi israeliani in diverse parti del territorio palestinese.
Hezbollah: “E’ una pausa tattica, non è una resa. Dobbiamo rifiatare”
Per Hezbollah, l’accordo con Israele costituisce a un compromesso strategico che mantiene i fondamenti della sua “missione di resistenza” senza sacrificare la capacità di operare come attore politico-militare in Libano.
La vulgata interna al partito descrive l’accordo come “una pausa tattica”, necessaria per riorganizzare le forze e affrontare le prossime sfide, senza mai abbandonare la lotta contro quello che considera “il nemico sionista”.
Fonti vicine al partito armato libanese a Beirut affermano che, sebbene il ritiro dei combattenti a nord del fiume Litani possa essere interpretato come una concessione tattica, questo è in realtà un “adattamento temporaneo” al contesto attuale, “necessario per proteggere i civili” e preservare l’integrità del suo arsenale. La bozza di accordo con Israele non include infatti il disarmo di Hezbollah, come era invece previsto dalla risoluzione 1701 del 2006, basata, in parte, sulla risoluzione 1559 del 2004. Le fonti ammettono che il partito abbia dovuto cedere su un pilastro della sua strategia, valida almeno fino all’uccisione da parte di Israele del suo leader Hassan Nasrallah lo scorso settembre: ovvero la firma di un’intesa bilaterale con Israele, rompendo la narrativa del “fronte comune” con Hamas.
Questo passo, secondo le fonti, “è stato necessario per evitare che il conflitto si trasformasse in una guerra ancor più devastante” per il Libano, travolto dalla peggiore crisi finanziaria della sua storia e al collasso per un conflitto in corso da più di un anno. L’assenza di strumenti coercitivi nell’accordo per fermare le incursioni israeliane è un punto centrale per il Partito di Dio. Hezbollah denuncia che Israele, con il sostegno americano, continuerà a sfruttare le ambiguità del testo per giustificare azioni militari future. Nonostante ciò, le fonti interne al partito insistono nel dire che la presenza di missili a media e lunga gittata nel proprio arsenale rimane una garanzia contro qualsiasi offensiva su larga scala.
A tal proposito, Hezbollah vede nel dispiegamento dell’esercito libanese e nel mantenimento della presenza dei militari della missione Onu (Unifil), tra cui un migliaio di italiani, “una soluzione temporanea, non risolutrice”.
Le fonti sottolineano inoltre quello che da più parti viene evidenziato: la mancanza di un reale supporto logistico e politico per le forze armate libanesi farà sì che il controllo effettivo della regione resterà nelle mani delle comunità locali, dove Hezbollah assicura di avere ancora profonde radici sociali e politiche, nonostante la politica della “terra bruciata” dell’esercito israeliano. Ecco perché, per Hezbollah, l’accordo con Israele non è una resa, ma un momento di consolidamento strategico. Il Partito di Dio si prepara a sfruttare le ambiguità dell’intesa per mantenere la propria influenza nel sud del Libano e preservare, almeno in parte, il suo ruolo come principale forza araba di resistenza nella regione.