27 Aprile 2024

Niger, Orsini: “Alla propaganda atlantista è sfuggita l’ascesa di Putin in Africa”

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di Alessandro Orsini

Parlerò della rivolta anti-europea in Niger, ma la materia è complessa e devo procedere con ordine. Nella prima parte dell’articolo, parlerò dei pilastri della propaganda sotto il governo Draghi e sotto il governo Meloni. Nella seconda, mostrerò che questa propaganda ha impedito di vedere l’ascesa del mito politico di Putin in Africa, un fenomeno politico insidioso per gli interessi nazionali dell’Italia.

Procedo.

Sotto il governo Draghi, la propaganda italiana è stata costruita intorno a tre pilastri: 1) la Russia è prossima alla bancarotta; 2) I russi non hanno armi, né voglia di combattere; 3) Putin non ha il consenso di un solo cittadino, soldato o generale e tutti i russi vorrebbero ucciderlo. Ma poi Putin resta al potere, il Pil cresce, Bakhmut è espugnata e i russi odiano la Nato. E così i pilastri della propaganda cambiano sotto il governo Meloni come segue: 1) È soltanto questione di tempo: ricevute le armi, Kiev sbaraglierà i russi; 2) gli ucraini hanno quasi vinto la guerra, ma i “putiniani” offuscano la vista; 3) Putin è isolato internazionalmente.

Ebbene, i pilastri draghiani e meloniani sono diversi, ma comune è l’idea che Putin sia privo di “soft power” giacché la Russia è un Paese senza fascino disprezzato da tutti. Le cose stanno così? L’osservazione emotivamente distaccata della realtà dice altro.

Il gesto muscolare di Putin in Ucraina ha rilanciato la sua immagine a livello mondiale. Anziché isolarlo e farlo apparire debole, l’invasione dell’Ucraina, ovvero la decisione di fronteggiare la Nato al gran completo, ha trasformato il presidente russo nell’idolo di molti africani. Lo dimostra l’assalto all’ambasciata di Francia in Niger al grido di: “Viva Putin, viva la Russia, abbasso la Francia”.

Lo studio della storia dimostra che chi ricorre alla forza trova sempre i propri ammiratori. Che si tratti dei governi o delle organizzazioni terroristiche, la forza genera eccitazione in molti strati della popolazione. Che l’esibizione della violenza generi entusiasmo è un fenomeno registrato empiricamente negli articoli apparsi su Corriere della Sera, La Stampa e Repubblica, il 30 settembre 2015, quando Putin intervenne militarmente in Siria contro l’Isis. Lo ricordo bene giacché, in quegli anni, la mia presenza in televisione era quasi quotidiana.

I media dominanti, Rai inclusa, ritraevano Putin come un eroe per il massacro che operava contro i jihadisti di al-Baghdadi. Molti africani hanno iniziato ad amare Putin più di Biden a partire dal 24 febbraio 2022. Perché? Secondo la propaganda italiana, la guerra in Ucraina è una guerra del forte (Putin) contro il debole (Zelensky). Secondo molti africani, i cinesi e un numero esorbitante di mediorientali, è la guerra del debole (la Russia) contro il forte (la Nato).

Molti africani interpretano la guerra come uno scontro tra Russia e Nato.

Stoltenberg fa di tutto per alimentare questa interpretazione. Una simile differenza nelle prospettive cognitive aiuta a comprendere l’ascesa del mito di Putin in Africa. A questo punto, direi che la rivolta in Niger porta a quattro le conseguenze non desiderate della guerra in Ucraina: 1) il trasferimento delle testate nucleari russe in Bielorussia; 2) l’avvicinamento della Cina alla Russia; 3) l’impoverimento dell’Europa; 4) l’ascesa del mito di Putin in Africa, Cina e Medio Oriente. Non proprio un buon affare per l’Italia che in Niger ha interessi nazionali da difendere”.


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