Intestazione fittizia di beni, riciclaggio e autoriciclaggio di denaro di provenienza illecita. Sono queste le accuse a carico di sei persone arrestate stamattina a Roma da Polizia e Guardia di finanza su mandato del gip che ha accolto le richieste della Dda della procura capitolina. Sequestrati anche beni, tra cui il noto ristorante “Assunta Madre”.
In carcere sono finiti Gianni Micalusi, detto “Johnny”, nato a Terracina 52 anni fa e Adriano Nicolini, romano di 38. Ai domiciliari Vito Francesco Genovese, nato a Spezzano Albanese (Cosenza) nel 1947; Luciano Bozzi, romano del ‘67; Francesco Micalusi, di Latina, classe 1990 e Lorenzo Micalusi, nato a Roma nel 1992.
I provvedimenti cautelari rappresentano la sintesi ed il punto di incontro di un’indagine, condotta, in una prima fase dalla Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile di Roma e, successivamente, dal Gruppo Investigativo Antiriciclaggio del Nucleo Speciale Polizia Valutaria, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Roma.
L’attività operativa si è concentrata sulla ricostruzione e l’analisi delle circostanze che hanno caratterizzato l’ascesa imprenditoriale di Gianni Micalusi, alias “Johnny”, pregiudicato per reati associativi, di natura anche mafiosa, delitti contro il patrimonio, usura ed estorsione aggravata, già coinvolto in contesti associativi e destinatario di misure di prevenzione a causa dei suoi rapporti mai cessati con esponenti di spicco della criminalità organizzata.
Micalusi si è dimostrato capace di costituire numerose e redditizie attività commerciali, tra cui i rinomati ristoranti con il marchio “Assunta Madre”, effettuando svariati investimenti immobiliari, il tutto avendo cura di intestare i beni a prestanome privi di risorse economiche per evitare di figurare come titolare effettivo, pur mantenendone saldamente la direzione.
Le indagini hanno permesso di accertare come Micalusi, grazie alla collaborazione dei propri figli, utilizzati quali “teste di legno”, nonchè da professionisti che hanno garantito l’apporto tecnico necessario per realizzare un’articolata rete societaria, sia riuscito formalmente a non apparire quale titolare delle attività, sottraendo, in questo modo, parte delle proprie disponibilità economiche all’applicazione di provvedimenti di sequestro.
In particolare proprio il timore di ulteriori provvedimenti ablativi di prevenzione, ha indotto il Micalusi a creare innumerevoli società occultando la propria persona dietro una rigorosa intestazione fittizia delle quote sociali, di denaro e di beni immobili, in favore di familiari e di terzi di fiducia, quali i figli Francesco e Lorenzo Micalusi, l’imprenditore Vito Francesco Genovese, pur essendo lui l’effettivo titolare e nel contempo ricoprendo di fatto la carica di amministratore della persone giuridiche a lui riconducibili, avvalendosi del contributo causale del commercialista Luciano Bozzi, il quale partecipava alla pianificazione delle operazioni societarie nonché alla loro esecuzione.
Anche la figura di Adriano Nicolini, direttore di una filiale romana della Banca del Fucino, ha assunto un rilievo investigativo e probatorio, con specifico riguardo alla propensione del suddetto a dissimulare la reale natura delle operazioni bancarie poste in essere per conto e nell’interesse di Gianni Micalusi, ricorrendo anche alla formazione di documentazione contabile fatta predisporre ad hoc e prelevando addirittura direttamente il contante, recandosi personalmente presso gli uffici del Micalusi, accordando poi modalità operative in palese contrasto con la specifica normativa di settore, e garantendo in tal modo la non tracciabilità dell’operazione.
Le illecite attività sono state realizzate in un contesto associativo in cui sono maturati dei rapporti qualificati e privilegiati intrattenuti dall’indagato con esponenti della criminalità organizzata, come emerso nel corso delle indagini da intercettazioni telefoniche e ambientali.
In particolare, determinante nel disegno criminoso è stato l’apporto fornito dal commercialista e dal direttore di banca, raggiunto dal provvedimento restrittivo per aver riciclato 888.244,36 euro, provento derivante dalle attività illecite dell’indagato principale Micalusi.
L’attività illecita cui l’imprenditore è ricorso in questi ultimi anni è stata estremamente redditizia, consentendogli importanti investimenti immobiliari ed imprenditoriali, nonché permettendogli anche un’espansione oltre che in Italia, con l’apertura del ristorante Assunta Madre a Milano, anche all’estero, con l’avviamento di un ristorante a Londra e, successivamente, a Barcellona, pianificando ulteriori espansioni commerciali in Europa.
Significativo in tal senso il contenuto di alcune intercettazioni del Micalusi, da cui si evince che il successivo passo sarebbe stato: “…fare un’operazione a Montecarlo seria e importante..”.
Gli accertamenti bancari effettuati dai militari del Gruppo Investigativo Antiriciclaggio sui conti correnti della rete delle società e dei prestanome, hanno permesso di ricostruire i flussi finanziari, rilevando come i proventi illeciti siano stati riciclati in attività imprenditoriali ed immobiliari.
Sequestrati in via preventiva i seguenti beni: Assunta Madre s.r.l., ristorante, con sede a Roma in via Giulia 14; Metro Fish s.r.l. società di commercio all’ingrosso e dettaglio di prodotti ittici, con sede a Roma in Marmorata 67; Centro Ittico Laziale s.r.l. società di commercio all’ingrosso e dettaglio di prodotti ittici, con sede a Roma in via Marmorata 69; Papa Giulio s.r.l. società di gestione e conduzione di esercizi pubblici e di ristorazione, con sede a Roma in via S. Eligio 19;
Sequestrati inoltre i conti correnti intestati a Francesco e Lorenzo Micalusi e a Vito Francesco Genovese; nonché unità immobiliari