
Al momento il valore di 4.0 è la stima più attendibile della magnitudo terremoto avvenuto a Ischia. Il valore è riportato sul sito dell’Ingv e si riferisce alla magnitudo calcolata sulla base della durata dell’evento (MD). Il precedente valore di 3.6 si riferiva invece alla magnitudo locale (ML). I sismologi del Centro Nazionale Terremoti dell’Ingv sono al lavoro per calcolare il valore definitivo.
Il primo valore della magnitudo, pari a 3.6, è stato calcolato in modo automatico, come sempre quando si verifica un terremoto. Il nuovo valore di 4.0 si è basato sui dati rilevati dalla rete simica dell’Osservatorio Vesuviano dell’Ingv, che ha quattro stazioni a Ischia.
Il valore definitivo della magnitudo, chiamato magnitudo momento, viene calcolato dai ricercatori e si basa sulla stima del momento sismico, ossia su una durata più ampia del sismogramma. Insieme alla nuova stima, la rete sismica dell’Osservatorio Vesuviano ha permesso di ricalcolare la profondità dell’evento da dieci a cinque chilometri.
L’istituto americano Usgs stima una magnitudo di 4.3 mentre l’omologo della Grecia eqgr.gr stima una magnitudo di 4.5 con una profondità di 5 chilometri.
Cosa è successo
I primi calcoli avvenuti in automatico segnalavano una magnitudo 3.6: un valore che non tornava con le prime testimonianze da Ischia, che parlavano di un terremoto “fortissimo”, e le macerie sotto le quali è rimasta uccisa almeno una persona e ferite altre 26. Successivamente il calcolo è stato rivisto, con un valore di 4.0, grazie ai dati registrati dalla rete sismica dell’Osservatorio Vesuviano dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv).
Come è accaduto? Qualcuno, forse, ha temuto un altro errore del sistema, come quello che il 15 giugno scorso aveva associato la magnitudo 5.1 di un terremoto nelle Filippine al sisma di magnitudo 1.6 registrato a Pieve Torina (Macerata).
Niente del genere, questa volta. Non c’è stato in realtà nessun errore, ma solo la grande difficoltà di dover calcolare la magnitudo di un terremoto che appartiene a uno dei tipi più rari e anomali: quelli che avvengono sotto i vulcani. Non sono certamente studiati come lo sono quelli tettonici che scuotono continuamente la penisola e può accadere, come nel caso di Ischia, che i primi sismografi a registrare l’evento siano distanti alcuni chilometri. Sulla base di queste prime rilevazioni viene di solito calcolata la magnitudo locale (ML), che nel caso dei terremoti tettonici, come quelli che avvengono lungo l’Appennino, è un valore molto affidabile. Quando il terremoto avviene sotto un vulcano, però, la situazione è molto diversa.
Per questo dopo il primo calcolo di 3.6, sono stati utilizzati i dati della rete sismica dell’Osservatorio Vesuviano per ricalcolare la magnitudo sulla base della durata dell’evento, ottenendo il valore di 4.0. Un valore ancora provvisorio in quanto quello definitivo, relativo alla “magnitudo momento”, viene calcolato dai ricercatori e si basa sulla stima del momento sismico, ossia su una durata più ampia del sismogramma, fino a 30 minuti.
I nuovi dati della rete sismica dell’Osservatorio Vesuviano hanno inoltre permesso di ricalcolare la profondità dell’evento, correggendo a cinque chilometri il valore iniziale di dieci. E’ stata un’ulteriore conferma di quanto si sa finora dei terremoti vulcanici. “Una caratteristica comune a tutti è di essere molto più superficiali, al punto da superare molto difficilmente la profondità di cinque chilometri”, ha osservato il sismologo Gianluca Valensise, dell’Ingv. “Questo – ha proseguito – accade perché al di sotto di cinque chilometri la crosta diventa troppo calda per generare una rottura”. Il fatto che i terremoti che avvengono sotto i vulcani siano superficiali spiega anche perché si risentano maggiormente.