28 Aprile 2024

L’uscita di Amato su Ustica per deviare l’attenzione sul sistema missilistico Sarmat di Putin?

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Quando le interviste o gli interventi sono ad orologeria. Sembra il caso del colloquio che Repubblica, il giornalone del Gruppo Gedi – Elkann, ha avuto con l’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato sulla strage di Ustica, in cui il dottor Sottile rilancia versioni o ‘verità’ già note da decenni e cioè che ad abbattere il DC9 Itavia (81 vittime) la sera del 27 Giugno 1980 fu un missile sganciato da un jet francese che inseguiva un mig su cui i servizi dell’Eliseo e occidentali ritenevano ci fosse il leader libico Gheddafi, allora inviso all’alleanza atlantica, per cui doveva essere soppresso. Tentativo che riuscì poi nel 2011, quando i servizi francesi e occidentali, Mossad compreso, consegnarono il colonnello alle tribù libiche ribelli che lo presero, lo torturarono e lo uccisero. Notizie già note, trite e ritrite. Ma l’intervista sul caso di Ustica ha avuto una grande eco e tiene banco.

Già Cossiga, all’epoca della strage presidente del Consiglio, prima della sua scomparsa disse all’incirca le stesse cose. A questa conclusione era arrivato anche il giudice istruttore Rosario Priore nella sua lunga ed articolatissima inchiesta composta da migliaia di pagine da cui emergevano solo indizi che però portavano ad altri indizi, su questa ipotesi. Non vi erano prove schiaccianti per inchiodare i francesi e la Nato alle loro responsabilità.

Segreti di Stato, palesi depistaggi, strani incidenti, morti anomale e suicidi sospetti. La ricostruzione che il magistrato fece sul mig libico caduto a Castel Silano, in Calabria, è la chiave di tutta la storia, oltre le manipolazioni dei tracciati radar sotto il comando della Nato. Dalle inchieste sul jet caduto in Sila viene avvalorata l’ipotesi tutt’altro che balzana che quel pomeriggio/sera vi fu una battaglia aerea nei cieli del Mediterraneo centro-meridionale. Tralasciando i dettagli su questo lungo e inquietante capitolo, possiamo accennare un solo episodio che la dice lunga su tutta la narrazione ufficiale delle autorità: il ritrovamento del mig libico venne fatto risalire ufficialmente al 18 Luglio 1980 e non al 27 Giugno, cioè 22 giorni dopo. Militari dell’Esercito in servizio a Cosenza hanno testimoniato al giudice istruttore che il giorno dopo il disastro, il 28 Giugno 1980, vennero mandati in Sila a fare da guardia ad un aereo da combattimento precipitato. Dissero che il jet era crivellato di colpi di arma da fuoco. Il pilota fatto rinvenire il 18 luglio venne trovato in avanzatissimo stato di decomposizione, a detta dei medici legali del tempo, morto almeno una ventina di giorni prima. Il velivolo era però curiosamente un altro, differente dal jet cui hanno fatto da guardia i militari cosentini.

Nella sostanza cosa è successo? I servizi, per depistare e fare confusione (come da loro manuale, ndr), hanno fatto risultare il ritrovamento del Mig dopo ventidue giorni, sostituendo però l’aereo e traslando il corpo putrefatto del pilota  Perché? Perché il primo velivolo era pieno di fori di proiettili, il secondo era integro, salvo i danni di un impatto indotto per rendere credibile la versione del 18 luglio. Questo per far capire ai ‘curiosoni’ che nei cieli del Mediterraneo la sera del 27 giugno non c’era stata alcuna battaglia aerea; che il mig libico ritrovato a luglio era caduto per caso e che sul DC9 Itavia, con 81 persone a bordo, era esplosa una bomba, la prima delle ipotesi fatta circolare insieme al cedimento strutturale e ad una ipotetica pista palestinese.

Tornando ad Amato, ma allora perché questo intervento di un ex premier oggi in pensione – da sempre legato al deep state italiano e internazionale -, che fra l’altro 43 anni fa, all’epoca del disastro, non aveva primari ruoli politici e soprattutto di governo? Nell’80 il dottor Sottile faceva il professore universitario alla Sapienza. Solo nel 1983 da dirigente socialista venne eletto in Parlamento e divenne – prima di avere tanti futuri incarichi politici ed istituzionali -, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nei due governi Craxi, fino all’87.

L’intervento di Amato a Repubblica sembra l’ennesimo “depistaggio”? Così sembra essere, ma su altre questioni attuali di politica estera. A cosa è servito? Evidentemente per distrarre l’opinione pubblica da un’altra vera notizia passata un po’ in sordina, “taciuta” da larga parte dei media mainstream, appunto perché tiene banco una ‘non notizia’ senza fra l’altro elementi di novità su uno dei più fitti misteri d’Italia.

La vera notizia passata sottotraccia è che la Russia di Putin, evidentemente stanca delle provocazioni del blocco Nato nella guerra che gli Usa stanno conducendo per procura in Ucraina, ha messo “in stato di combattimento” il moderno sistema missilistico strategico Sarmat, un supermissile intercontinentale capace di trasportare fino ad una quindicina di testate nucleari e in grado di colpire a velocità supersoniche obiettivi fino a 18, ventimila km di distanza senza farsi scalfire dai sistemi di difesa aerea nemici. In soldoni è sufficiente un solo “Sarmat” per radere al suolo – con un click – le maggiori metropoli europee, britanniche e statunitensi.

Una notizia “bomba”, è il caso di dire, che avrebbe suscitato una ondata di proteste di milioni di cittadini che invocano da tempo interventi diplomatici per la pace e lo stop all’invio di armi a Kiev. Se Washington non ascolta e prosegue ostinatamente ad armare Zelensky con l’obiettivo dichiarato di distruggere la Russia, Mosca – con le sue seimila testate nucleari -, dal canto suo avverte la minaccia e si difende alzando l’asticella dello scontro ai massimi livelli. E’ giunta l’ora che gli Stati Uniti e i suoi satelliti oltre oceano aprano bene occhi e orecchie e cessino di stuzzicare la Russia, prima che sia davvero troppo tardi.

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