Dopo aver conquistato l’Eliseo, Emmanuel Macron porta a casa anche l’Assemblée Nationale, con una maggioranza di 350 seggi al ballottaggio di domenica 18 giugno. Dopo la valanga di una settimana fa e le previsioni di uno tsunami elettorale, però, i francesi gli impongono una correzione e lasciano in vita gli altri partiti. Battuti e divisi, i Républicains restano in piedi con 136 deputati. Numeri mai visti prima per l’astensione, ormai al 56%.
I socialisti sono decimati ma non scompaiono come si temeva. Nel nuovo emiciclo ce ne saranno 46, ma il segretario Jean-Christophe Cambadelis non ha atteso neppure le prime proiezioni per dimettersi. Marine Le Pen – nonostante il Front National non conquisti neppure i 15 deputati necessari per formare un gruppo parlamentare – riesce laddove per due volte aveva fallito, ed entra in Parlamento insieme con il compagno, Louis Aliot. Resta fuori il suo avversario interno, il vicepresidente Florian Philippot ma entrano in parlamento 8 rappresentanti del partito. L’impresa di formare un gruppo riesce invece ai radicali di gauche di Jean-Luc Melenchon, che avranno 26 rappresentanti. “I francesi sono entrati oggi in uno sciopero generale civico” ha commentato Mélenchon, parlando di maggioranza “senza legittimità” e arrivando ad auspicare un “referendum per sapere se i francesi vogliono essere governati da questa minoranza”.
In realtà, gli analisti di questa settimana fra i due turni avevano auspicato una reazione dei partiti tradizionali, così da garantire alla maggioranza di governo un’opposizione credibile e non ridotta a poche decine di deputati. Anche dai ranghi di La Liberté En Marche (Lrem) si era auspicata una vittoria ampia (la maggioranza assoluta scatta a 286) ma non schiacciante, così da evitare al neonato partito – che presenta un esercito di debuttanti in Assemblée Nationale – di avere fra i propri seggi troppi politici completamente privi di esperienza. Lo scoramento di chi ha assaporato la netta sconfitta domenica scorsa, la sufficienza di una parte di chi pensava di aver già stravinto, hanno contribuito – insieme con il distacco dalla politica e la giornata di sole con le spiagge affollate – a confermare l’esercito degli astensionisti come il primo partito di Francia. Come ha subito sottolineato – in pieno stile Macron – il portavoce del governo e ministro dei rapporti con il Parlamento, Christophe Castaner, “oggi non è una vera vittoria. La vera vittoria sarà tra 5 anni, quando le cose saranno davvero cambiate per la Francia”. Il primo ministro, Edouard Philippe, ha osservato che “i francesi hanno preferito la speranza alla rabbia”.
A destra, i Républicains hanno tenuto e non è un risultato da sottovalutare, visto che il partito era distrutto nell’immagine dalla vicenda del candidato all’Eliseo François Fillon e al suo interno dalle “incursioni” di Macron, che ha portato alla guida del governo proprio Philippe e a due ministeri chiave altri importanti dirigenti della destra, Bruno Le Maire e Gerard Darmanin. Il risultato di stasera è il peggiore nella storia neogollista ma il leader temporaneo – in attesa di congresso – François Baroin, ha proclamato che i Républicains sono “la prima opposizione”. Battagliero e fiero di poter annunciare la formazione di un gruppo parlamentare “France Insoumise”, Mélenchon si è autoproclamato “opposizione sociale in Parlamento”. Toni addirittura trionfalistici per Marine Le Pen, che personalmente ottiene una vittoria ma non va oltre gli 8 deputati, metà di quello che aveva annunciato come obiettivo, la formazione di un gruppo parlamentare. (Ansa)