Convalida del fermo e misura della custodia nel carcere minorile: lo ha deciso il Gip del Tribunale dei minori di Bologna per il 16enne e il 17enne (Riccardo e Manuel) fermati per l’omicidio di Salvatore Vincelli e Nunzia Di Gianni, patrigno e madre del più giovane dei due. Il giudice, dopo l’udienza di convalida, ha così accolto le richieste del Pm Silvia Marzocchi per entrambi, che hanno confessato. I coniugi sono stati uccisi a colpi di scure nella loro casa di Pontelangorino di Codigoro (Ferrara), nella notte tra lunedì e martedì.
Tra gli elementi che hanno portato gli inquirenti alla convinzione che i responsabili dell’omicidio potessero essere Riccardo, figlio 16enne, e l’amico Manuel di 17, ci sarebbe stato anche il comportamento dei due, captato da un’intercettazione ambientale nella saletta della caserma dei Carabinieri dove sono stati fatti attendere, per essere sentiti come testimoni nella notte tra martedì e mercoledì. Non è chiaro cosa si siano detti i due complici, che in seguito sono crollati e hanno ammesso le loro responsabilità, ma dall’intercettazione sono emersi atteggiamenti sospetti.
Il 16enne fermato per l’omicidio della madre e del patrigno è “pentito e sconvolto”, ha detto l’avvocato Gloria Bacca, nominata difensore d’ufficio del giovane, il quale avrebbe confermato integralmente la confessione.
“Non so come la pensano gli investigatori – ha detto all’Ansa il legale – ma per me è una persona che ha gran bisogno di una mano”. Trattenuto nel centro di prima accoglienza della struttura minorile del Pratello di Bologna anche l’amico Manuel L’esecutore materiale del duplice omicidio sarebbe stato il 17enne, su mandato del 16enne con la promessa di mille euro, 80 dei quali dati in anticipo.
Secondo quanto emerso Riccardo Vincelli e l’amico avevano paura di essere visti mentre portavano via i cadaveri. Per questo alla fine i corpi sono rimasti nella villetta di Pontelangorino di Codigoro (Ferrara), dopo essere stati massacrati a colpi di scure.
In particolare è stato il figlio delle vittime a tirarsi indietro, proprio per timore che qualcuno li vedesse o che venissero intercettati mentre in auto avevano i due corpi. Questo almeno ha riferito negli interrogatori il 17enne. Il piano iniziale prevedeva che i due cadaveri venissero trasportati in auto e poi gettati nel fiume con pietre da usare come zavorre da legare ai corpi.