20 Marzo 2023

007 egiziani a Reuters: “Giulio Regeni preso subito dalla Polizia”

Dopo menzogne e sospetti cominciano a emergere squarci di verità sulla morte del ricercatore. L'Egitto stretto in un angolo dopo la rivelazione dei servizi egiziani

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Giulio Regeni

Comiciano a emergere esili squarci di verità sulla morte di Giulio Regeni. Versioni che contraddicono in toto le fantomatiche ricostruzioni dell’Egitto. Il ricercatore italiano ucciso a Il Cairo a inizio anno, come ipotizzato da secondopianonews.com dopo il delitto, è stato detenuto dalla polizia e trasferito in un compound gestito dal Dipartimento di sicurezza interno il giorno della sua scomparsa. Lo riferiscono diverse fonti dei servizi e della polizia citati dall’agenzia di stampa internazionale Reuters.

Queste rivelazioni contraddicono la versione ufficiale dell’Egitto secondo cui i servizi di sicurezza non avrebbero arrestato Regeni. Il 28enne Giulio Regeni era scomparso lo scorso 25 gennaio ed il suo corpo era stato ritrovato il 3 febbraio lungo una strada alla periferia del Cairo, con segni di tortura.

Questa incredibile rivelazione, viene smentita dalle  autorità egiziane ma i dubbi restano e si alimentano come l’Egitto ha alimentato in queste settimane le bugie seriali su un caso che sembra surreale.

I funzionari egiziani hanno sempre fortemente negato qualsiasi coinvolgimento nella morte di Regeni. Subito dopo il ritrovamento del suo cadavere, la polizia aveva suggerito che potesse essere stato vittima di un incidente d’auto. Settimane dopo hanno detto che poteva essere stato ucciso da una banda di criminali travestiti da poliziotti, poi una missione farsa in Italia con un dossier contenente il nulla.

Ma tre agenti dell’intellingence e tre fonti investigative hanno confermato in maniera indipendente all’agenzia di stampa Reuters che la polizia aveva preso in custodia Regeni prima della sua morte.

Alla domanda se sia stato portato alla stazione di polizia di Izbakiya al Cairo, come riferito da alcune fonti, un funzionario del ministero dell’Interno ha detto di non voler rispondere.

Mohamed Ibrahim, funzionario del dipartimento di sicurezza interna, ha detto invece che “non ci sono legami di sorta tra Regeni e la polizia o il ministero dell’Interno o la sicurezza interna. Non è mai stato detenuto in alcuna stazione di polizia o qui. L’unica volta che è entrato in contatto con la polizia è per il timbro del passaporto quando è entrato in Egitto”.

“Se avessimo avuto qualsiasi sospetto sulle sue attività la soluzione sarebbe stata semplice: espellerlo”.

Un funzionario ha riferito sempre a Reuters che Regeni aveva sette costole rotte, segni di elettrocuzione sul pene, traumi su tutto il corpo ed una emorragia cerebrale. E’ stato ucciso da un colpo alla testa.

Visti i segni di tortura, i gruppi per i diritti umani come l’Egyptian Commission for Rights and Freedoms e Amnesty International hanno suggerito che Regeni possa essere stato ucciso dai servizi di sicurezza egiziani.

Tutte e sei le fonti hanno detto a Reuters che Regeni è stato preso da poliziotti in borghese vicino alla stazione della metro di Gamal Abdel Nasser al Cairo la sera del 25 gennaio. La sicurezza era molto alta quel giorno perché era l’anniversario dell’inizio della primavera araba del 2011, che ha rovesciato il presidente Hosni Mubarak. Anche il New York Times in un articolo sospettò che a uccidere il ricercatore Italiano c’era l’ombra delle forze di sicurezza egiziane. 

Non è chiaro dove Giulio Regeni sia stato portato, anche se tutte le fonti sottolineano che non era un obiettivo specifico ma era stato fermato nell’ambito di una stretta generale sulla sicurezza.

Una delle fonti di intelligence ha riferito che Regeni è stato portato a Izbakiya per 30 minuti prima di essere trasferito a Lazoughli, un compound gestito dalla sicurezza interna.

Le fonti, scrive Reuters, hanno detto di non sapere cosa sia successo al giovane dopo. Il lavoro di Regeni, ricercatore di Cambridge, sul cambiamento del mondo del lavoro in Egitto, aveva sollevato i sospetti della polizia, secondo quanto riferito da una fonte della sicurezza, visto peraltro che proprio dai sindacati era partita la primavera araba.


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