Il Consiglio dei Ministri giovedì 16 settembre 2021 ha approvato il decreto che, dal prossimo 15 ottobre, estenderà l’obbligatorietà del green pass a molti ambiti della vita collettiva e lavorativa. Il decreto, richiamata la messe di provvedimenti del governo legittimati dallo stato di emergenza proclamato il 31 gennaio 2020 col decreto legge 19, convertito in legge il 22 maggio successivo e oggetto di successive proroghe, fonda la sua ratio legis sulla necessità di “prosecuzione delle iniziative di carattere straordinario e urgente intraprese al fine di fronteggiare adeguatamente possibili situazioni di pregiudizio per la collettività”.
La strategia che il governo ha inteso perseguire col decreto si sostanzia nella estensione dell’obbligo “di certificazione verde Covid-19 nei luoghi di lavoro pubblici e privati, al fine di garantire la maggiore efficacia delle misure di contenimento del virus Sars-CoV-2”.
Perché dire no al green pass
I firmatari del presente appello, non possono esimersi dal denunciare le criticità del provvedimento, pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 21 settembre 2021; esso, oltre a difettare dei requisiti di necessità ed urgenza, addirittura con una previsione “differita”, lede soprattutto i diritti del singolo e della collettività ponendosi in contrasto con principi costituzionali fondanti l’impianto normativo nazionale letto anche alla luce delle norme sovranazionali recepite.
Un sistema giuridico fondato sulla dignità del lavoro e dei lavoratori previsto dall’art. 1 della Costituzione, sull’adempimento dei doveri di solidarietà politica, previsti dall’art. 2, sull’obbligo della Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale ritenuti limite alla libertà ed all’uguaglianza tra i cittadini previsto dall’art. 3, sul riconoscimento al diritto al lavoro previsto dall’art. 4, sulla riserva di legge per i trattamenti sanitari obbligatori, comunque limitati dal divieto di violazione del rispetto della persona umana, prevista dall’art. 32, non può non espellere come corpo estraneo un provvedimento che, nei fatti, si pone in antitesi coi principi fondamentali richiamati e che ha lo scopo dichiarato di obbligare i cittadini e, nello specifico, i lavoratori, a sottoporsi ad un trattamento sanitario pena un danno economico o la perdita dello stipendio o del lavoro.
Il green pass viola le normative
Vi è di più. La normativa sul c.d. certificato verde viola il regolamento UE 953/2021 che pone l’obbligo di non discriminare, tanto direttamente quanto indirettamente, chiunque abbia scelto di non vaccinarsi. Allo stato, la norma presenta, nella sua ratio e negli effetti pratici da un lato introduce un surrettizio obbligo vaccinale senza che una legge lo disponga, dall’altro individua due categorie di cittadini evidentemente con trattamento diseguale. Il green pass, infatti, viola ogni principio logico e teleologico che deve necessariamente reggere una norma di Legge.
È un palese ed intollerabile atto discriminatorio che incide sull’economia dei singoli e delle famiglie creando un doppio binario in termini di libertà della scelta terapeutica. Potranno continuare a scegliere di non vaccinarsi solo coloro i quali potranno permetterselo perché in condizione economica vantaggiosa. Il concetto di libertà non può essere declinato in termini economici. La libertà è o non è, non si compra con una reviviscenza di antichi istituti romanistici nei quali lo schiavo poteva acquistare la propria emancipatio.
Il lasciapassare discrimina
Sono un abominio, tra l’altro, in termini di legislazione giuslavoristica, la creazione di privilegi in capo a dipendenti a danno di altri, la minaccia sospensione dall’attività lavorativa non retribuita, l’attribuzione al datore di lavoro di poteri enormi di controllo e ricatto non previsti da alcuna fonte normativa e da alcun Contratto Collettivo Nazionale. Ciò si aggiunge all’ulteriore abominio del mancato ristoro da parte dell’INPS della malattia allorquando sia causata dal contagio da Sars Covid 19.
Se c’è libertà di scelta, la stessa va preservata favorendo l’inclusione paritaria in ogni sua forma. Ogni diversa opzione è un arbitrio che, come Avvocati, non potremo tollerare. (Ponendo ad esempio l’ambito che ci è particolare, la Giustizia, a nulla vale che ai sottoscritti avvocati sia “concesso” partecipare alle udienze; si ritiene, infatti, che la sacralità del processo ed i conseguenti diritti dei cittadini vadano tutelati non prevedendo alcuna restrizione di sorta neanche per i magistrati, i magistrati onorari, i cancellieri ed gli operatori di giustizia tutti.)
Chiediamo, quindi, fermamente che il decreto venga immediatamente ritirato e che la materia venga disciplinata con criteri che garantiscano la libertà individuale nella scelta terapeutica senza sacrificio dei diritti fondamentali oggi illegittimamente compressi e compromessi.
Firmato: Avvocati per la libertà
Fonte NicolaPorro.it